
Di Francesco Cesare Strangio
Era un vecchio amico d’infanzia del barbiere che non vedeva da quasi una settimana.
«Oh… Quale piacere rivederti! Dove ti eri cacciato? È da una settimana che non ti fai vedere al bar. Gli amici sono preoccupati per la tua assenza…» disse con enfasi il barbiere.
«Che ti devo dire… sono stato a letto con un mal di schiena che non ti dico!»
«Il medico non ti ha dato niente?»
«Mi ha ordinato una scatola di punture e mi ha preparato l’impegnativa per le radiografie alla regione lombo-sacrale.»
«Dannata miseriaccia, si vede dalla postura che non ti sei ancora rimesso del tutto.»
«Dovevo rimanere ancora a letto, ma non ci riesco.»
«Ti devi tagliare i capelli?»
«Sono qui apposta!»
«Pasquale, datti da fare… taglia i capelli all’amico Maurizio!»
Pasquale, sentito l’ordine del maestro, non si fece pregare: non vedeva l’ora di dimostrare ai presenti le sue capacità nel tagliare i capelli.
Dopo i preparativi, domandò al cliente come desiderava che gli fossero tagliati i capelli. Francesco si specchiò con attenzione e provò a immaginare un taglio adatto a lui.
Diresse lo sguardo verso il novello barbiere e disse: «Fai tu! Da questo taglio dipende il tuo futuro come barbiere.»
Pasquale ispirò e prese a muovere le forbici. Con grande meraviglia dei presenti, invece del pettine usava le dita. Quello strano metodo lo aveva appreso da una rivista specializzata in materia di acconciature.
Mastro Ciccio, con la coda dell’occhio, osservava quanto stava facendo il giovane barbiere. Non ci volle molto a capire che il ragazzo aveva l’arte nel sangue. Quando finì il taglio, Francesco si guardò a lungo nello specchio, sembrava ringiovanito di almeno dieci anni.
Si alzò e disse: «A quanto vedo il discepolo ha superato il maestro. Complimenti! Da oggi, per quello che mi riguarda, ti puoi considerare barbiere!»
«Grazie, Signor Francesco» rispose Pasquale.
«Aggiungo… da oggi in poi i capelli me li tagli tu e non l’amico mio!»
«Grazie di nuovo per il complimento e per la fiducia accordatami!»
Non era trascorsa nemmeno mezz’ora che Pasquale si riprese la rivincita su tutti i presenti. Salvatore rimase visibilmente dispiaciuto per le parole poco ossequiose riservate al novello barbiere.
Trovandosi in una posizione imbarazzante, si scusò con Pasquale: scuse naturalmente accettate.
Mastro Ciccio si sentì gratificato; in fondo era un suo allievo e nel bene e nel male l’arte l’aveva appresa da lui. Salvatore, una volta finito di tagliarsi la chioma, uscì lasciandosi dietro il palazzo del seicento che si affacciava su di una viuzza poco distante dalla piazza del castello.
Era all’imbrunire, quando si lasciò sulla destra la casa dell’antico signore del baronato. Fermò di colpo la bicicletta e guardò il castello come se non l’avesse mai visto… il manufatto si erge tuttora imponente nel centro della piazza. La sua struttura non porta i segni del tempo; anzi, dov’è mancante l’intonaco grigio si vedono integre le massicce pietre squadrate del bastione.
Salvatore, nell’osservare il castello, pensò: “Quanta gente sostò nella piazza e con meraviglia si fermò a osservarlo, portandosi dietro il dubbio che forse fosse il castello a osservare gli uomini.”
Salvatore annuì e subito partì per andare al bar Carducci.
Poco prima di arrivare, notò Marco seduto al bar Primavera; la cosa gli destò meraviglia, fermò la bici e la parcheggiò disponendo il pedale al bordo del marciapiede in modo da fare da cavalletto. Appena entrato, Nicoletta gli riservò un dolce sorriso. Salvatore, dopo aver salutato Nicoletta, prese posto al tavolino dov’era seduto Marco.
«Che ci fai qui?» domandò Salvatore.
«Niente, mi sono rotto le scatole della solita brodata. Domani riprenderemo a lavorare e me li devo assorbire per tutta la settimana.»«Quello che dici vale anche per me?» osservò Salvatore.
«Che dici? Tu non sai la stima che porto a te e a tutto il tuo casato? Solo che c’è quella testa di Mazza di Rocco Valpreda che onestamente mi manda in depressione con il suo modo di ragionare.»
Nicoletta si avvicinò al tavolino e chiese ai due che cosa desiderassero bere. Pensarono un attimo e ordinarono la solita e impeccabile birra Peroni. Poco dopo la donna si ripresentò al tavolino con il vassoio con sopra le due birre, due bicchieri panciuti con il logo della Peroni e una ciotola di vetro con dentro delle noccioline americane abbondantemente salate.
Marco osservò il portamento della donna e ancor più l’astuzia di cui era dotata.
«Salvatore, hai notato quanto è astuta Nicoletta? Assieme alle due birre ha portato una ciotola piena di noccioline salate.»
«Non capisco, in che consiste l’astuzia? In questo caso ci ha rimesso lei!» osservò Salvatore.
«Non credo… Aspetta e vedrai!» rispose Marco.
Effettivamente le noccioline stimolarono la sete e invece di bere una sola birra ne tracannarono cinque a testa.
«Devo darti atto… Altro che rimesso… bisogna ammettere che conosce bene il mestiere» costatò Salvatore.
«Da come si muove, a mio avviso, conosce ancor meglio il mestiere del letto!» disse Salvatore.
Foto di form PxHere