Reggio Calabria celebra la memoria di Alessandro Caracciolo e il 250º anniversario della GdF
Un pomeriggio intenso quello vissuto a Palazzo San Giorgio in occasione della presentazione del libro Akedà – Legami, legami forte Padre mio, che racconta la vita e la testimonianza di Alessandro Caracciolo, maresciallo dei carabinieri morto alla soglia dei 33 anni a causa di un tumore ai polmoni. Quella avvertita nel Salone dei Lampadari, però, non è stata un’aria di mestizia o di dolore, quanto di vita e speranza. Una presenza tangibile, quella di Caracciolo, testimoniata nelle parole della moglie, Roberta Melidona, che ha ricordato i momenti più importanti della loro vita insieme, dalla conoscenza alla scelta di sposarsi e avere una famiglia numerosa.
Melidona ha narrato come il destino di Alessandro, quale maresciallo dell’Arma, fosse, di fatto, scritto da un segno inconfondibile ricevuto durante le prove concorsuali, quando la traccia del tema fu tratta da un libro che il giovane aspirante carabiniere aveva da poco letto. Un segno dall’Alto, per un uomo che credeva fermamente in Dio e che ha fatto della sua successiva malattia un’occasione di condivisione e crescita per tutti coloro che gli sono stati accanto.
Il volume, curato da Andrea Canale, racconta attraverso lo scritto e le immagini, la vita e i momenti più significativi del percorso di sofferenza vissuto da Caracciolo, al cui nome è oggi legata l’associazione che si prefigge lo scopo di perpetuarne la memoria. Obiettivi ben tracciati da Antonio Malavenda, che ha snocciolato tutte le tappe e le attività di beneficenza effettuate dall’associazione Alessandro Caracciolo, non mancando di ricordare la «grande forza» che arriva ai soci tutte le volte in cui incrociano lo sguardo dell’amico nelle foto che tengono dentro le proprie case: «Lì, ogni pensiero e preoccupazione viene ricondotto nella sua giusta dimensione», ha spiegato Malavenda.
Dopo l’introduzione del giornalista Consolato Minniti e il ricordo di Melidona, è stato il turno del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, che, davanti a tanti giovani calciatori dell’associazione Ludos, ha tracciato un profilo di Alessandro, partendo proprio da una delle sue passioni: il calcio. «Alessandro – ha affermato il sindaco – ci insegna come si possa e si debba perseguire l’obiettivo che ci si è prefissati con disciplina e onore, legalità e trasparenza. Obiettivi che non devono essere perseguiti a tutti i costi, ma che bisogna ottenere senza tradire i propri ideali e la fiducia che viene accordata». Una similitudine che, ha ricordato Falcomatà, è possibile accostare anche a chi riveste una carica pubblica. Secondo il sindaco, Caracciolo ha portato «nobiltà d’animo anche in contesti dove spesso questa manca». Alessandro «ci ha insegnato che esiste un modo per vivere la sofferenza, un percorso di sacrificio e dolore che non necessita per forza un irrigidimento. La sofferenza non va sprecata e Alessandro ci ha mostrato come, con dignità, possiamo trasformarla in testimonianza e opportunità». Parole che ricalcano quanto il giovane raccontava ai suoi amici nei giorni della sofferenza: «Ogni giorno che passa è una scoperta continua per me… senza questa sofferenza avrei continuato a stare lontano da lui anche se pensavo fossi vicino… a continuare a vivere la mia vita nell’incertezza presa dalle cose di questo mondo. Ora vedo quello che prima non vedevo! Buona giornata e buon lavoro.»
Dopo le relazioni, il tenente dell’Arma, Raiano, ha recitato la preghiera del carabiniere. A seguire, l’intervento musicale con il canto dell’Akedà a cura di Alessandro Labate, Ismaele e Simone Cannizzaro. Infine, il dono, da parte dell’associazione Caracciolo di un quadro raffigurante alcuni momenti di vita di Alessandro, realizzato dall’artista Francesco Lia e che sarà esposto a Palazzo San Giorgio.
Inoltre, un ringraziamento sentito è stato rivolto alle donne e agli uomini della Guardia di Finanza, che quotidianamente operano per la sicurezza della comunità, lavorando in prima linea nella battaglia contro la ‘ndrangheta e ogni altra forma criminale che attanaglia la nostra terra. Questo è quanto affermato dal sindaco Falcomatà in occasione della cerimonia per il 250º anniversario dalla fondazione del Corpo della GdF, tenutasi all’Arena dello Stretto sul Lungomare Italo Falcomatà.
«Siamo felici di poter celebrare questa ricorrenza – ha aggiunto il sindaco – esprimendo la nostra piena gratitudine nei confronti delle donne e degli uomini delle Fiamme Gialle, una delle componenti storiche delle Forze dell’ordine, impegnata in particolare nell’attività di contrasto ai reati di natura finanziaria, nella nostra provincia brillantemente diretta dal Comandante provinciale Generale di Brigata Maurizio Cintura. In uno scenario di rara bellezza come quello dell’Arena dello Stretto, un palcoscenico che tutta Italia ci invidia e che in questi mesi estivi è ammirato da migliaia di turisti, celebriamo l’orgoglio di appartenenza e tributiamo un doveroso riconoscimento a chi quotidianamente mette a repentaglio la propria vita per la sicurezza ed i diritti individuali e collettivi della nostra comunità.»