Il Natale secondo i “Centennials”

Di Greta Panetta – studentessa del Liceo Classico Ivo Oliveti di Locri
Come si è trasformato il Natale, negli ultimi anni? E, soprattutto, come viene percepito dalle nuove generazioni?Queste sono due delle domande su cui oggi, a pochi giorni da una delle feste più importanti per la comunità cristiana, ci si interroga di più. Per quanto il Natale continui a rappresentare formalmente la celebrazione della nascita di Gesù Cristo, ha assunto ormai da tempo una connotazione di tipo consumistico. In prossimità del Natale, infatti, i programmi natalizi, le prenotazioni alberghiere, le decorazioni, gli alberi da allestire e, naturalmente, i doni, sono argomenti nettamente prevalenti sul tema del cosiddetto “vero valore del Natale”.
Niente più riunioni attorno al focolare o racconti in grado di scaldare il cuore degli affetti, ma una ricorrenza opportunistica che fa perdere vista quale sia la vera magia del Natale per riempire il vuoto che resta con dei frivoli doni. Per tutte le generazioni il Natale è stato infatti considerato, durante la fanciullezza, la festa più amata, un giorno atteso tutto l’anno per poi essere ricordato per tutta la vita. Il Natale era considerato un giorno speciale durante il quale avvenivano cose speciali e forse uno dei pochi giorni durante il quale regnava l’armonia, la pace e la serenità a discapito di tutto. Era un pretesto per riunire le famiglie, trascorrere il tempo assieme e scambiarsi idee e buone pratiche.
Tutte le generazioni, oramai giunte all’adolescenza, hanno finito per rievocare le emozioni del Natale ricollegandolo all’attesa per l’arrivo di Babbo Natale, al rituale della tavola imbandita e del latte con i biscotti da lasciare al simpatico vecchietto a mo’ di ringraziamento per la sua generosità. Il vero Natale era diventato insomma lo spirito dei Natali passati di Dickensiana memoria, in cui si rievocava la felicità di ricevere tutti quei giocattoli, di stare con i nonni, di cantare le canzoncine gioiose alla recita della scuola mentre mamma e papà erano in prima fila a vederci con un sorriso a trentadue denti stampato in volto.
Gli adolescenti di oggi, ovviamente, non fanno eccezione e anche in loro comincia a sorgere l’idea che, più che la loro percezione, sia il mondo esterno ad essere cambiato. A quel Salvatore che nasce per liberarci dal peccato e dalla morte, alla fine dei conti, non vale poi tanto la pena crederci. È più facile pensare che sia il mondo fuori ad essere cambiato, che il modo di pensare sia mutato, che le emozioni abbiano un colore diverso, mentre i ricordi svaniscono e la prospettiva, anche quella che riguarda il Natale, si fa più disillusa.
La nostra generazione ha dalla sua il tempo e l’esperienza di chi ha attraversato questa fase prima di noi, che può insegnarci a non farci influenzare dalla prospettiva di un Natale esclusivamente consumistico, ma a ricordarci che la ricorrenza continua a essere una festa di pace, che ci impone una riflessione sul mondo che ci circonda. Dobbiamo solo ritrovare quello spirito di fede, di speranza, di gioia e di fraternità che ci pareva animare i Natali di quando eravamo bambini, di quando erano giovani i nostri genitori o i nostri nonni, perché è solo così che questo periodo tornerà ad essere uno dei più attesi da parte di tutti.