Festa, paure e scelte rischiose: il viaggio di Marco e Mezza
Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio
La sua bellezza era tale che portò il cuore di Marco ad aumentare la sua frequenza.
Donna Angelina era visibilmente soddisfatta. Sul volto di Cosimo si affacciarono la serenità e la soddisfazione: ancora una volta sua madre aveva avuto ragione.
Il marito di Maria fece un tiro profondo e spense la sigaretta.
Marco e Gladuela firmarono alla presenza del funzionario dell’anagrafe e, dopo i complimenti di tutti e la stretta di mano dell’impiegato, uscirono. Il cognato di Marco regalò al funzionario dell’anagrafe due pacchetti di Marlboro, omaggio che gradì di buon grado. Usciti dal Municipio, andarono a casa dei Chinnici. L’ingresso era stato addobbato a festa, sul grande tavolo, al centro del salone, c’era un’infinità di pasticcini e liquori di ogni genere. I Chinnici ci tenevano a fare bella figura con gli invitati suoi e di Marco. La festa si protrasse oltre il crepuscolo, fino a quando gli invitati non furono vinti dalla stanchezza.
Elisabetta, la prima cugina di Marco, non vedeva l’ora che la festa finisse in modo da poter fare rientro a casa; la sua paura erano i ladri: temeva che entrassero in casa e portassero via tutto. Marco, avvedutosi della sofferenza della cugina, chiese il favore a Cosimo di accompagnarla a casa perché non stava tanto bene. Elisabetta, notando che il cugino era andato in suo soccorso, prese la palla a balzo e recitò la parte dell’inferma.
I festeggiamenti finirono a tarda notte e tutti gli invitati, visibilmente contenti, si congratularono con i Chinnici per la festa.
I giorni andarono via velocemente, l’ora della partenza stava per arrivare.
Per Marco, la questione era diventata un calvario; gli pesava il pensiero se partire in treno o andare in macchina con Mezza e la sua fidanzata. In entrambi i casi c’era del rischio che doveva essere messo sul piatto della bilancia. Ad andare in treno rischiava d’incorrere nel furto della valigia e addio soldi. Ad andare in macchina correva il rischio d’imbattersi in qualche posto di blocco ed essere sottoposto a perquisizione per poi finire, una volta scoperto il denaro, incriminato per il furto con scasso dell’ufficio postale.
Mettendo a confronto i due possibili scenari, scelse di viaggiare assieme a Mezza e di portarsi dietro tutta la refurtiva.
Finalmente il due settembre arrivò.
Alla quarta ora del nuovo giorno, il motore della macchina di Mezza Cazzuola ruppe il silenzio che regnava davanti alla casa di Marco.
Argo fece sentire la sua voce: si era reso conto che il padrone stava per partire, giacché aveva messo, davanti alla sua cuccia, cibo e acqua abbondante.
Marco si affacciò alla finestra del salone e guardò fuori per sincerarsi dell’arrivo di Mezza; nello zaino aveva sistemato il denaro con sopra la biancheria intima più un paio di camicie e due pantaloni di ricambio.
Sul fornello la moca sbruffava, diffondendo un piacevole odore di caffè. Parcheggiata la macchina nella corte, Mezza e la compagna entrarono a prendere il primo caffè del giorno.
Quella mattina si fece sentire un pò di aria fredda proveniente dalle montagne; Mezza aveva addosso una maglietta a maniche corte di colore giallo, mentre la ragazza portava una camicetta trasparente in tessuto sintetico lasciando che la vista apprezzasse le sue forme pettorali.
Quando le tazzine del caffè erano quasi vuote, Marco disse ai due: «Nello zaino ho i soldi che devo depositare in banca. Sarebbe opportuno mettere lo zaino nella parte interna del cofano.»
«Credo che sia la soluzione migliore» rispose Mezza.
Aperto il cofano, Mezza tirò fuori i bagagli e mise lo zaino nella parte più remota del baule. Tutto era pronto per intraprendere il lungo viaggio che li doveva portare a Como.
Erano le quattro e trenta del sabato mattina, quando la macchina mosse in direzione della marina.
All’inizio della frazione una pattuglia dei Carabinieri era appostata dietro la curva che dava sulla strada statale. Nel vederli, Marco si disse: “Ancora non siamo partiti e già ci hanno fermato.”
Il più giovane dei Carabinieri, alto come un pioppo, si parò davanti e gli fece cenno di accostare nel piccolo spiazzo all’argine della strada. Marco avvertì un groppo allo stomaco e cambiò colore. Il milite, dopo aver salutato chiese dov’erano diretti. Mezza rispose che stavano rientrando a Como poiché le vacanze erano finite. Il Carabiniere si abbassò quel tanto per guardare in volto le persone in auto e dopo qualche secondo gli fece cenno di andare, augurandogli buon viaggio.
Mezza ingranò la marcia e nel frattempo prese a bofonchiare.
La strada statale, lungo il litorale, era stata realizzata dal regime fascista; per arrivare a Napoli ci voleva un tempo indefinito per le difficoltà intrinseche al tracciato stradale.
Era intenzione di Mezza far di tutto per attraversare i centri abitati, lungo la Strada Statale 118, prima che il traffico aumentasse, facendoli rallentare.