Attualità

La crisi del discernimento critico

Pensieri, parole, opere… e opinioni

Negli ultimi quindici giorni, mentre questo spazio editoriale ha dato priorità ad altri approfondimenti di attualità, il contesto politico italiano è stato attraversato da una serie di eventi che meritano una riflessione approfondita.
A partire dal caso Almastri, che ha suscitato l’intervento della Corte Penale Europea, abbiamo assistito al rapido susseguirsi di polemiche riguardanti il ruolo dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, l’intervento surreale di Augusta Montaruli e le recenti invettive rivolte a Matteo Salvini, che segnalano una progressiva radicalizzazione del dibattito pubblico, che in altri momenti della storia istituzionale italiana avrebbe fatto gridare alla crisi di Governo. Tuttavia, l’iperattività mediatica, connotata da un flusso costante di dichiarazioni, polemiche e scandali, ha ulteriormente complicato il già fragile equilibrio della percezione pubblica, rendendo difficile distinguere i fatti dalle interpretazioni strumentali. Questo bombardamento informativo ha determinato una sorta di assuefazione alla controversia politica, generando un clima di crescente disorientamento che mina la capacità collettiva di valutare criticamente gli eventi.
Questo fenomeno solleva dubbi sulla capacità del cittadino di analizzare criticamente le informazioni e discernere tra ciò che è realmente rilevante e ciò che è frutto di una narrazione costruita. L’epoca contemporanea, caratterizzata da estremizzazioni ideologiche e polarizzazione, ha prodotto un contesto informativo caotico, nel quale l’interpretazione degli eventi è spesso subordinata a esigenze di consenso e strategie comunicative piuttosto che alla ricerca della verità. Di conseguenza, il cittadino si trova intrappolato in un flusso costante di dichiarazioni contrastanti, che alimentano una percezione frammentata della realtà e favoriscono l’emergere di bolle informative autoreferenziali, in cui il confronto tra idee differenti diventa sempre più raro.
In questo quadro, il tema dell’informazione assume un ruolo cruciale. In un recente incontro con studenti liceali, un giornalista calabrese ha dichiarato che la stampa italiana è tra le ultime a godere di una reale libertà a livello globale. Sebbene questa affermazione sia fondata dal punto di vista normativo, credo sia più problematica se si considera il livello di ingerenza politica e finanziaria che permea le nostre testate giornalistiche. Benché libera, l’informazione italiana non fa infatti mistero di essere sbilanciata e, nonostante l’accessibilità a più fonti, contribuisce ormai a intorbidire le acque piuttosto che a fornire strumenti di comprensione critica, trovando oltretutto la sponda della manipolazione dei contenuti attraverso i social media, che ha reso ancora più difficile distinguere il giornalismo d’inchiesta dalle narrazioni propagandistiche.
Appare insomma evidente come, a partire da questo deficit di informazione autentica, si crei quell’incapacità di orientarsi tra narrazioni contrapposte che finiscono con l’avere conseguenze dirette sulla partecipazione democratica. Il disorientamento collettivo, che potrebbe essere il risultato di una precisa strategia comunicativa, porta un numero crescente di cittadini a disimpegnarsi dalla vita politica, non solo attraverso l’astensione dal voto, ma anche con un progressivo disinteresse verso il dibattito pubblico e le dinamiche istituzionali. Questa tendenza si traduce in una pericolosa disaffezione nei confronti dei meccanismi democratici che, di fatto, sta compromettendo la tenuta del sistema rappresentativo. La mancanza di un’informazione chiara e accessibile contribuisce a questa alienazione, spingendo le persone a percepire la politica come un’arena caotica e priva di reali possibilità di cambiamento, incentivando così atteggiamenti di passività e rassegnazione. Questa situazione non si limita all’ambito della partecipazione elettorale, ma si estende anche al coinvolgimento civico in senso più ampio, riducendo la capacità della società di incidere attivamente sui processi decisionali. In un contesto in cui la velocità della comunicazione supera la capacità di elaborazione critica, è lapalissiana la necessità di adottare nuovamente un approccio consapevole all’informazione, affinché il dibattito pubblico non diventi un semplice esercizio retorico privo di reale incidenza sulla società.
Nel marasma di questi giorni, insomma, sento di chiedere un ulteriore sforzo al mondo giornalistico, che dovrebbe tornare a offrire contenuti basati su verifiche rigorose e prive di condizionamenti esterni, e a quello politico, che dovrebbe ridare centralità al senso civico fornendo ai cittadini esempi adeguati per interpretare correttamente in fatti da cui vengono quotidianamente bombardati.
Ma, forse, non c’è un reale interesse a cambiare la rotta…

Foto: notizie.virgilio.it

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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