Caso Xenia, la Cassazione conferma: Mimmo Lucano colpevole di un solo falso

È definitiva la condanna a 18 mesi di reclusione, con pena sospesa, per Mimmo Lucano, sindaco di Riace ed europarlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, per un solo falso. Ma, soprattutto, diventa definitiva l’assoluzione per tutti gli altri reati, già pronunciata nell’ottobre 2023 dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria.
Si è sgretolato in Cassazione – così come era avvenuto in secondo grado – il processo Xenia, nato da un’indagine della Guardia di Finanza sulla gestione dell’accoglienza migranti a Riace. I giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso presentato dagli avvocati difensori di Lucano, Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, relativo alla delibera considerata falsa.
Tuttavia, il punto più rilevante è che la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Reggio Calabria, che chiedeva l’annullamento dell’assoluzione di Lucano e di altri imputati per alcuni reati di truffa ai danni dello Stato. Lo stesso ricorso è stato rigettato anche nella parte in cui la Procura contestava altre presunte truffe e falsi.
Un anno e mezzo fa, la Corte d’Appello aveva già ribaltato la precedente condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere inflitta dal Tribunale di Locri nel 2021, che aveva ritenuto Lucano responsabile di “indebite rendicontazioni al Servizio centrale dello Sprar e alla Prefettura”. L’ex sindaco era stato accusato di essere promotore di un’associazione per delinquere finalizzata a commettere “un numero indeterminato di delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio.”
Di tutte queste accuse, alla fine, non ha retto nulla. Il processo Xenia è crollato anche perché, come stabilito dalla Corte d’Appello, molte intercettazioni erano inutilizzabili. Anzi, secondo i giudici di secondo grado, proprio quelle intercettazioni hanno messo in luce il vero intento di Lucano, ovvero la volontà di “alimentare un’economia della speranza”, in linea con la sua missione di aiutare gli ultimi.
Subito dopo la sentenza della Cassazione, l’avvocato Andrea Daqua ha dichiarato: «Il ricorso della Procura generale era assolutamente infondato e la Suprema Corte ne ha dato atto. È stata una brutta storia nei confronti di un uomo perbene, finita però nel migliore dei modi.»
Anche Mimmo Lucano ha commentato la sentenza: «Io non ho mai commesso nessuno dei reati che mi venivano contestati. È stato un teorema studiato per ostacolare una storia di accoglienza unica nel mondo. Oggi sono felice, per me, per la mia famiglia e per tutte le persone che mi sono state vicine in Italia e in Europa». Ha poi aggiunto di non provare rancore, ma ha sottolineato che «era evidente che si trattava di una macchinazione» per contrastare un modello di accoglienza che interferiva con dinamiche più ampie, come gli accordi tra Italia e Libia.
Foto di Secretaría de Cultura de la Nación – Diálogos Globales, Migrantes y Refugiados, CC BY-SA 2.0