Viaggio, imprevisti e tentazioni: un giorno di avventure sulla strada
Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio
Il motore girava allegro e la velocità era sostenuta. Lungo il serpentone di asfalto il paesaggio mostrava la sua impareggiabile bellezza. La distesa d’acqua del mar Tirreno era accarezzata delle prime luci del sole che ne esaltava l’azzurro.
A quell’ora gli zeffiri facevano increspare delicatamente le acque che baciavano, amorevolmente, la sabbia dorata. Data l’ora, i centri abitati furono superati con estrema facilità.
I tre erano contenti dell’andatura e scherzavano tra di loro facendo previsioni sull’ora di arrivo a Napoli.
Tutto apparentemente procedeva con ordine matematico quando, a dieci chilometri da Scalea, un rumore secco e la venuta meno della traiettoria dell’auto, avvertirono Mezza dello scoppio di una gomma. «Che cosa è successo?» domandò Marco.
«È scoppiata la gomma anteriore destra!» rispose Mezza.
Con la dovuta calma, Mezza Cazzuola accostò l’auto sulla destra: dovevano tirare giù i bagagli e prendere la ruota di scorta nella parte bassa del cofano.
Marco prese il crick e lo mise nell’apposito foro e iniziò ad armeggiare per sollevare l’auto. I bagagli furono messi per terra, nella parte bassa dello zaino vi era un leggero strappo che metteva in mostra una mazzetta di denaro. La ragazza, avvedutasi della cosa, si parò con il piede vicino allo strappo dello zaino in modo da non lasciar vedere, a eventuali passanti, il contenuto. Impiegarono quasi dieci minuti per sostituire la ruota; quando finirono, avevano le mani sporche come due carbonai. Dovevano trovare una fontana e liberarsi al più presto di quel sudiciume. All’uscita del paese, addossata alla parete di roccia alla base della collina, vi era un tubo di metallo di modesto diametro da cui sgorgava dell’acqua così fredda che sembrava uscisse dal congelatore.
Mezza era solito portarsi dietro l’occorrente per l’igiene personale; tra i vari prodotti aveva una saponetta profumata che aveva acquistato in Svizzera. Dopo vari risciacqui, le mani ritornarono pulite.
Poco prima di arrivare a Scalea, sulla sinistra un’insegna indicava la presenza di un bar pasticceria. Marco, nel vedere il cartello disse: «Che cosa dite, non sarebbe opportuno prenderci un caffè?»
«Stavo pensando la stessa cosa» rispose Gabriella.
Mezza parcheggiò l’auto proprio di fronte all’ingresso del bar.
Dietro alla macchina del caffè un uomo di mezza età che si dava da fare per preparare quattro cappuccini a dei clienti seduti a un tavolo a pochi passi dall’ingresso. Una giovane donna, da dietro al bancone li salutò, con cordialità.
I tre si avvicinarono e chiesero tre caffè con altrettante brioche. La ragazza, dall’espressione di chi vuole scusarsi, disse: «Dovete pazientare, le brioche sono nel forno… si tratta solo di pazientare pochi minuti.»
«Se si tratta di pochi minuti, aspettiamo» rispose Mezza.
Sul lato destro della sala vi era un bancone di vetro nel quale erano esposti dei dolci. La fidanzata di Mezza si avvicinò per curiosare: Nel vedere i cannelloni ripieni di ricotta, fece cenno alla ragazza, che subito mosse per vedere cosa desiderasse.
«Che cosa desidera?» domandò la giovane donna.
«Metta in un vassoio quindici cannelloni.»
La donna di Mezza, una volta fatto l’ordine, ritornò al bancone su cui si trovavano Marco e Mezza.
Dalla piccola porta che divideva il bar dal laboratorio di pasticceria, proveniva un invitante profumo di dolci appena sfornati. Dopo che la ragazza finì di preparare il vassoio dei cannelloni, andò nel laboratorio di pasticceria e, poco dopo, uscì con una teglia di acciaio piena di brioche ripiene di marmellata.
Dopo avere mandato giù un caffè e un paio di brioche a testa, Marco pagò il conto e ripartirono in direzione di Napoli.
Quando arrivarono nei pressi della città partenopea, le lancette dell’orologio erano poste sulla dodicesima ora. A quell’ora era del tutto naturale che i languori bussassero allo stomaco dei tre; i morsi della fame portarono Marco a rompere gli indugi: «Cosa ne pensate se ci fermassimo a mangiare un boccone?»
«È un’ottima idea… conosco un localino a dieci chilometri da qui, in cui si mangia da Dio» rispose Mezza Cazzuola.
Superato Napoli, sullo stesso senso di marcia c’era un grande spazio prospicente un ristorante; l’area a parcheggio era tutta piena di autotreni; non si trovava un angolo in cui poter parcheggiare l’autovettura. La macchina procedeva a passo d’uomo allo scopo d’individuare se ci fosse uno spazio sufficiente per parcheggiare. Niente… non c’era un solo metro quadrato libero. Non avendo scelta, Mezza parcheggiò l’auto in doppia fila in attesa che si liberasse un parcheggio.
Nella testa di Marco bussava un pensiero poco rassicurante, che lo spinse a invitare l’amico ad andare via e fermarsi nei pressi di Roma.
La presenza nel baule dell’auto dei cinquecento milioni di lire, fece scattare la molla che portò Marco a decidere di abbandonare quel posto: temeva un probabile furto dell’autovettura e, di conseguenza, la perdita del denaro.