
Di Giuseppe Pellegrino
Cominciò a passeggiare nell’andronitis sperando di trovare il bandolo di una matassa, un’idea conclusiva. Per molto tempo misurò il pavimento da un muro all’altro senza trovare risposte, ma stancò il corpo e, dopo un pasto frugale, andò a dormire.La mattina dopo, di buon tempo, Zaleuco uscì da casa per recarsi all’Agorà. Nel breve tratto di strada che occorreva fare per raggiungere il luogo, potè sentire dei ragazzi che cantavano i versi della costituzione locrese. La cosa lo mise di buon umore. Era buon segno che i bambini imparassero presto le leggi della polis, perché così avrebbero capito l’importanza di osservarle.Non era il primo ad arrivare all’Agorà. Tirso e gli altri magistrati erano sul posto. Fecero cerchio per parlare e fu, come prevedibile, Tirso a porre il problema. Egli individuò subito i possibili assassini o mandanti: «Tu sai, Zaleuco, che troppo teneri siamo stati con gli italioti, che abbiano associato al nostro desco; non abbiamo cacciato fino all’ultimo i siculi, che possono avere motivi di rancore, e sul tirreno non abbiano pensato di conquistare Medma, Metauro e Hipponion, prima che queste poleis rivolgano le armi contro Locri.»
Zaleuco ascoltò con molta serenità. Durante la notte il groviglio di pensieri non si era sciolto, ma il suo ragionare era diventato più chiaro, con punti di riferimento certi. Impossibile stabilire chi aveva ucciso Ilone, certo più facile escludere chi non poteva essere. Così a Tirso, abbandonata la ritrosia del giorno prima, ribadì alcune certezze: «Vedi, Tirso – replicò il magistrato – la prima cosa che bisogna fare è quella di mandare ambasciatori a Siracusa. Dobbiamo garantire al nostro alleato che i rapporti tra le due poleis sono sempre gli stessi. Dobbiamo richiedere la presenza di cittadini di Siracusa che siano pròsseni alla città, onde evitare di perdere un alleato. Se con l’uccisione di Ilone qualcuno voleva colpire Locri, certo è che lo ha fatto, colpendo un sicuro alleato, per favorire un nemico della città.»
«Altri ambasciatori – continuò il Magistrato – dobbiamo mandare a Reggio. L’alleanza tra loro e noi è certa, ma non si sa mai, le cose spesso cambiano e, in questo caso, tutti hanno interesse a isolarci.»
Nella foga Zaleuco non si fermò: «Quanto agli Italioti, Tirso, non credo abbiano alcun interesse contro la polis. Essi sono da tempo cittadini locresi e non sono in servitù. Hanno mantenuto i loro piccoli poderi e possono coltivare la terra e tagliare gli alberi per il legname. Anche il tempio di Persefone è nato su quello dei loro Dei, ed essi hanno abbracciato il Culto della Dea della Vita. No, Tirso, gli italioti non avevano interesse alcuno.»
Ermete, il magistrato più anziano, intervenne nella discussione e chiese: «Tu, dunque, Zaleuco, escludi che possa essere stato qualche italiota che, per invidia o per altro, abbia potuto uccidere Ilone?»
«Ermete – ribattè Zaleuco, – non posso escludere questo. Ma tutti conoscevamo Ilone. Era certo vendicativo, ma solo con chi gli aveva fatto del male; era avido, ma non toccava i beni degli altri e, poi, hai visto al funerale la donna che ha sparso il sangue del melograno e lasciato nella sua tomba un gallo? Forse Ilone era migliore di quanto noi pensiamo. No, Ermete, io non posso escludere niente, ma certo non in quella direzione vanno i miei pensieri.»Mentre il Magistrato parlava, si allungò l’ombra enorme di Tissaferne, il capo degli Opliti. Il soldato si fermò a distanza, rispettoso. Ma Zaleuco lo invitò ad avvicinarsi. L’uomo in fondo era stato quello che per primo aveva saputo la notizia della morte di Ilone, era quello che più di ogni altro sapeva i fatti.Zaleuco invitò il soldato a avvicinarsi, chiosando: «Stavamo discutendo dell’uccisione di Ilone. Tu certo, Tissaferne, te ne sei fatta una idea.»
«Durante la notte, Pastore – rispose il soldato, – ho fatto battere dagli opliti le campagne. Abbiamo trovato delle armi in una grotta sopra Epizephiri e interrogato alcuni pastori, che pascolavano pecore sopra il promontorio che dista poco più di sue stadi da Aretusa, dove è stato trovato il corpo di Ilone. Delle armi i pastori dicono di non sapere niente. Ma durante la notte hanno sentito cani abbaiare poco distanti e qualcuno ha visto degli uomini correre verso i monti. Gente che conosceva i luoghi, o certo guidata da gente che conosceva i luoghi.»
«A chi pensi, Tissaferne?» chiese Zaleuco.«Italioti, Pastore. Italioti, siculi, gente forse di Medma, aiutati magari da qualcuno del luogo. Pastore – continuò il gigante, – se vuoi il mio pensiero è tempo di affacciarci all’altro mare; è tempo di arrivare a Medma e Metauro e da lì fino a Hipponion; è tempo di vedere il mare che porta alle colonne d’Ercole, prima che Hipponion pensi di vedere il mare jonico.»
«Che ti dicevo, Zaleuco? – si intromise Tirso. – È tempo di portare le armi contro Hipponion, riportare al rango di servi gli italioti e i siculi. Ogni cittadino deve difendere la polis. Io sono pronto .Tutti siamo pronti.»