Tre anni di guerra in Ucraina: un conflitto che cambia gli equilibri globali
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Oggi ricorre il terzo anniversario della guerra in Ucraina.
Il 24 febbraio 2022, infatti, la Russia avviava un’invasione su larga scala del Paese, scatenando un conflitto che ha ridefinito gli equilibri geopolitici globali. Nei primi mesi, l’opinione pubblica occidentale ha mostrato un ampio consenso nella condanna dell’aggressione russa e nel sostegno alla resistenza ucraina. Tuttavia, con il passare del tempo, l’attenzione mediatica e l’empatia verso il popolo ucraino si sono progressivamente affievolite, mentre una narrazione sempre più sfumata e talvolta apertamente filorussa ha guadagnato terreno, influenzando l’opinione pubblica e le decisioni politiche internazionali.
Nonostante un bilancio umano devastante – oltre mezzo milione di soldati russi morti o feriti – e le conseguenze economiche delle sanzioni occidentali, il Cremlino ha mantenuto il controllo della situazione interna e proseguito le operazioni militari senza cedimenti strutturali. Il tentato ammutinamento del gruppo Wagner nel 2023 non ha scosso in modo significativo la leadership di Putin, che continua a perseguire il suo obiettivo di lungo termine: ridefinire gli assetti di sicurezza europei e minare la coesione del blocco euro-atlantico. Questo scenario preoccupa in particolare i Paesi baltici e la Polonia, storicamente vulnerabili all’espansionismo russo, ma interessa anche le strategie di difesa della Finlandia e della Svezia, recentemente entrate a far parte della NATO per garantirsi maggiore sicurezza.
Parallelamente, la Russia ha sviluppato nuove strategie economiche per aggirare le sanzioni, rafforzando le sue relazioni con Cina, India e altri Paesi non allineati. Questo ha permesso al Cremlino di attutire gli effetti delle restrizioni commerciali imposte dall’Occidente, dimostrando che la dipendenza della Russia dai mercati occidentali era meno vincolante di quanto previsto.
L’iniziale strategia russa mirava a un rapido collasso dell’Ucraina, con la conquista di Kyiv e la dissoluzione del governo Zelensky. Tuttavia, la resistenza ucraina ha ribaltato queste previsioni, permettendo al Paese di mantenere il controllo di oltre l’80% del proprio territorio, ma a costo di distruzioni su larga scala e di un numero elevatissimo di vittime civili e militari. La capacità di contenere l’avanzata russa ha dimostrato la vulnerabilità dell’esercito di Mosca di fronte a un nemico ben addestrato e sostenuto dall’Occidente, ma ha anche reso evidente che il prezzo di una guerra difensiva prolungata è insostenibile senza un costante supporto esterno.
L’economia ucraina ha subito contraccolpi devastanti, con il PIL crollato di oltre il 30% nel primo anno di guerra e una lenta ripresa sostenuta principalmente dagli aiuti internazionali. La popolazione, inoltre, ha subito un’emigrazione di massa: milioni di rifugiati si sono trasferiti in Europa e in altri Paesi, modificando il tessuto sociale e demografico dell’Ucraina e sollevando interrogativi sulla sua capacità di ricostruzione post-bellica.
Il conflitto, insomma, ha mostrato che nessuna singola tecnologia o sistema d’arma può determinare l’esito di una guerra su larga scala. Ciò che conta è la capacità di sostenere operazioni militari prolungate attraverso un’industria della difesa efficiente, in grado di produrre armamenti e munizioni su vasta scala, aspetto su quale l’UE si è fatta trovare impreparata rispetto alla Russia.
Se la NATO ha infatti aumentato la sua presenza militare in Europa orientale, l’Unione Europea fatica a trovare un approccio unitario e risolutivo alla questione della difesa comune, poiché la dipendenza dalle industrie belliche statunitensi e la frammentazione delle politiche nazionali continuano a rappresentare ostacoli significativi.
Questo temporeggiamento si è fatto forte fino ad oggi del fatto che, per tre anni, l’Ucraina ha potuto resistere anche grazie a un contributo statunitense che ha superato i 118 miliardi di dollari tra forniture militari, addestramento e intelligence. Ma le recenti dichiarazioni del presidente Donald Trump hanno segnato una svolta radicale: il disimpegno americano sta mettendo Kyiv di fronte a una scelta drammatica, tra accettare un accordo di pace favorevole alla Russia o fare affidamento esclusivamente sul sostegno europeo, sul quale non è stata ancora deliberata una strategia unitaria.
Se il supporto statunitense dovesse davvero ridursi, secondo gli esperti le implicazioni si farebbero sentire non solo sul campo di battaglia, ma anche nelle dinamiche di sicurezza globali. Cina e Iran osservano con attenzione lo sviluppo del conflitto, traendo lezioni strategiche che potrebbero influenzare le loro azioni future, come una possibile invasione di Taiwan o un aumento dell’influenza iraniana in Medio Oriente.
È proprio anche alla luce di questi sviluppi che oggi emergono sempre più voci che tendono a minimizzare le responsabilità russe e ad avallare una prospettiva che legittima, in parte, le ambizioni di Mosca. Questo cambio di narrazione, unito all’incertezza sulle future mosse statunitensi, potrebbe avere conseguenze disastrose non solo per l’Ucraina, ma per la stabilità dell’intero continente europeo, costretto così a chinare il capo all’invasore orientale…