L’arrivo di Caronda a Locri: tra leggi, politica e la sacra prostituzione
La Legge è uguale per tutti

Di Giuseppe Pellegrino
«Mandiamo ambasciatori a Reggio e a Siracusa, e anche una delegazione presso i siculi per sondare i loro umori. Ma credo Crotone, semmai, il nostro nemico. Crotone può fare affidamento su Schilletio e l‘infida Kaulon», concluse Zaleuco.
Furono decise le delegazioni che sarebbero partite in giornata. Per guadagnare tempo, si decise che gli stessi ambasciatori sarebbero andati prima a Reggio e poi, passata la trappola di Scilla e Cariddi, con un carro avrebbero guadagnato Siracusa. Pensare di armare una nave era impossibile. Tutte quelle in porto o ancorate lì vicino non sarebbero partite prima della fine della festa della Sacra Prostituzione.
Mancava un giorno all’inizio della festa quando un altro avvenimento scosse la quiete di Locri. Senza preavviso alcuno, dalla vicina Reggio era venuto il nomotheta Caronda. La visita creò agitazione, ma anche orgoglio. Il grasso legislatore era venuto a Locri da Reggio per due motivi: voleva parlare con Zaleuco della legislazione locrese, volendo la polis di Reggio munirsi di una propria costituzione e voleva vedere la festa della sacra prostituzione, poiché il legislatore indagava sugli usi e costumi delle genti e di una simile festa aveva sentito parlare anche a Rodi. Caronda non commise l’indelicatezza di arrivare senza un annuncio. Uno dei carri che era al suo seguito, pervenne a Locri prima degli altri e chiese di Zaleuco. Fu portato davanti a Tissaferne e questi avvisò prima Tirso e poi Zaleuco. Tutti i tre locresi erano meravigliati, ma la fama di Caronda era arrivata anche a Locri. Immediatamente si costituì una delegazione consistente che aspettò nell’Agorà il nomotheta. Arrivarono tre carri, su uno dei quali ,coperto da un telo, che riparava dal sole, era sdraiato il grasso Caronda, accompagnato da dieci opliti reggini a comprova della importanza del personaggio. Caronda, arrivato nell’Agorà, scese con l’aiuto dei servi, che avevano messo a terra una panchetta che fungeva da gradino, e si diresse verso Zaleuco. Non conosceva il legislatore locrese, ma la fama della benda all’occhio sinistro aveva solcato i monti e i mari. Non fu difficile, per il nomotheta, individuarlo. Caronda salutò il legislatore con grande enfasi: «Sono venuto a Locri – chiosò, – per conoscere l’uomo delle cui leggi si parla in tutto il mondo conosciuto. Sono venuto a vedere e prendere conoscenza della costituzione locrese e del proemio che la precede.»
Non nascose Zaleuco il piacere nel sentire la lode. Tirso, più acido e concreto, comprese che la venuta di Caronda contrastava i suoi piani. Non amava Zaleuco e, soprattutto, le sue leggi. Non amava vedere Locri chiusa in un piccolo spazio, ormai angusto per la popolazione, quando Medma, Metauro e Hipponion erano a portata della armate locresi. Non amava il divieto di limitare la vendita dei beni se non direttamente, cosa che limitava il commercio e la ricchezza e, soprattutto, considerava la tirannide l’unico modo di gestire una polis: una testa, una decisione. Guardava Caronda e pensava che doveva essere solo un grasso puttaniere, che con la scusa di conoscere le leggi locresi era venuto solo per la festa della Sacra Prostituzione. Ma ben presto, Tirso ebbe a rimangiarsi il suo pensiero. Caronda parlava con competenza e scienza delle leggi locresi; parlava delle costituzioni non scritte delle altre poleis, come solo un esperto poteva fare. Non nascose il suo desiderio di conoscere da vicino la festa della sacra prostituzione, ma fece capire che il suo era il desiderio di uno studioso. Poiché tutto viene dagli Dei, pensava che anche la sacra prostituzione aveva una sua funzione nel concetto zaleuchiano di stato.
Ricevuto il nomotheta, si pose subito il problema di dove ospitarlo, poiché la visita era improvvisa. Dall’imbarazzo tolse tutti Tirso, che si offrì di ospitare il nomotheta di Catane. Era questa una occasione che il giovane non si voleva far sfuggire, perché sminuiva con l’ostentazione della sua ricchezza la figura di Zaleuco e perché voleva far capire al potente Caronda che Tirso era il futuro di Locri. Ottenuto l’assenso di tutti, Tirso annunciò per la sera una grande festa in onore dell’ospite e, rivolto a Zaleuco insistette:«Aspetto anche te legislatore». Per la prima volta non lo aveva chiamato semplicemente Zaleuco. Ma c’era Caronda e doveva giocare di astuzia e poi era convinto che il magistrato amasse l’adulazione.
L’ostentazione, a Locri, era vietata; il lusso bandito. Ma quella sera Tirso diede ampio sfoggio della sua ricchezza. Tanti i cuochi usati, tanti i servi per gli ospiti.
Anche gli ospiti erano di grande riguardo. Non aveva dimenticato nessuno, Tirso. E c’era Eutimo, Aristarco, Dorimaco e Zenone. Dei magistrati non aveva dimenticato nessuno. Nessuno dei grandi proprietari terrieri, nessuno dei locresi importanti e anche Tissaferne aveva il suo posto centrale. E, naturalmente, non mancava Senocrito.
Tirso imbandì sulla tavola cibi che la maggioranza dei presenti raramente aveva assaggiato, semmai li avesse assaggiati.