Costume e SocietàLetteratura

Un viaggio tra confini, ricordi e futuro

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

«Erano altri tempi» rispose Marco al maresciallo che aveva appena rievocato con ammirazione la figura di suo nonno, ricordando la sua scelta di abbandonare il seminario poco prima dell’ordinazione.Il maresciallo chiamò l’agente che stava fuori e gli ordinò di preparare il caffè per tutti.
In una stanzetta in fondo alla postazione c’era un fornello con una moca da dieci tazzine, il giovane finanziere, ricevuto l’ordine, andò nella stanzetta e, dopo un paio di minuti, l’odore del caffè stimolò le narici dei presenti.
Poco dopo, il giovane agente arrivò con un piccolo vassoio di plastica con sopra tre tazzine e la zuccheriera. Dopo averlo poggiato sulla scrivania del maresciallo, fece per andarsene quando si sentì dire: «Pasquale, e come lo mescoliamo il caffè? Ci mettiamo il dito?»
«Chiedo scusa, provvedo subito!»
In un attimo, il finanziere, ritornò con tre cucchiai da caffè.
Finito di bere il caffè, i due presero commiato e andarono al furgone.
Sulla porta c’era il maresciallo che fece cenno agli addetti al controllo di farli passare. Superata la frontiera italiana, il gioco era fatto; gli addetti al confine Elvetico, se avessero visto i soldi, li avrebbero accolti con dei calorosi “benvenuti”. Il confine svizzero fu superato con la sola esibizione dei passaporti; poi proseguirono in direzione del centro di Lugano.
Marco Fera era arrivato al capolinea; oramai i soldi erano nel territorio svizzero, si trattava solo di entrare nella prima banca che incontrava e depositarli.
Mezza, per una questione di riservatezza, arrivato nel piazzale dove c’era la filiale di una delle principali banche Elvetiche, parcheggiò il furgone e disse: «Marco, vai che io faccio la guardia al furgone.»
«Va bene… abbi pazienza solo il tempo necessario per fare il deposito» rispose Marco.
Preso lo zaino, Marco diresse verso l’ingresso della banca.
Mezza Cazzuola, nel frattempo, entrò nel vicino bar e ordinò un cappuccino con due brioche.
Il tempo sembrava essersi fermato. Mezza Cazzuola, dalla posizione in cui si trovava, vedeva perfettamente l’ingresso della banca. Era passata mezz’ora e di Marco neppure l’ombra; preso dall’ansia, si alzò e mosse verso la banca; quando era prossimo all’ingresso, vide uscire Marco.
«E allora? Hai fatto il deposito?» chiese Mezza.
«Sì! Grazie a Dio è tutto a posto. Adesso che facciamo?»
«Andiamo al cantiere così ti faccio vedere il lavoro che sto facendo. Se Dio vuole, in meno di un mese finisco e rientro al paese.»
«E con la casa che fai? La vendi?»
«No! L’affitto e mi faccio versare i soldi sul conto qui a Lugano. In Italia non ho nessun conto in banca, ho preferito aprirlo qui fin dall’inizio dietro consiglio di Enzo.»
Finito il sopralluogo al cantiere, Mezza accompagnò Marco a visitare la città in attesa che arrivasse l’ora di pranzo per andare a mangiare in un ristorante vicino al lago.
Al ristorante, consumarono il pasto a base di pesce. Mezza guardò l’orologio, le lancette segnavano le due.
Alvaro a quell’ora stava per finire il suo turno. Tutto era andato meglio del previsto; a Marco non restava altro che fare ritorno in Calabria e attendere la data prefissata per unirsi in matrimonio con Gladuela.
Arrivati a Como, i due vecchi compagni di mestiere si recarono al bar che era solito frequentare Mezza Cazzuola. Al bancone c’era Gabriella che si dava da fare attorno alla macchina del caffè; la voce di Mezza la destò e la fece voltare; vedendo i due, li accolse con un sorriso.
«Vi preparo il caffè?» chiese Gabriella.
«No… è meglio se ci prepari due cocktail come li sai fare tu» rispose Mezza.
Marco rimase ammirato dalla professionalità di Gabriella e, rivolgendosi all’amico, disse: «Cosimo… Dio mio hai una fortuna da fare paura. Con Gabriella a gestire il bar della stazione e tu a fare il muratore in poco tempo sarai ricco.»
Gabriella fece cenno alla ragazza che serviva ai tavoli che i cocktail erano pronti. Quando Marco portò il bicchiere alle labbra, attese un attimo per apprezzare il profumo. Appagato l’olfatto, soddisfò il palato, centellinando il cocktail.
Arrivata la sera, si ritrovarono nel salone a guardare la televisione. Lo squillo del citofono annunciò l’arrivo di Alvaro.
Passarono la serata a ricordare i fatti passati del paese; nel frattempo i ricordi furono accompagnati dal buon mangiare e dal vino del vigneto di Marco.
La sera, dai sapori di un tempo, andò via come un impercettibile alito di vento.
Enzo Alvaro, al momento di prendere commiato, promise ai compaesani che sarebbe sceso per le festività natalizie; in quell’occasione li voleva tutte le sere a cena da lui.
Quella notte il sonno di Marco fu terribilmente irregolare in conseguenza del pensiero del rientro.
Alle cinque meno qualche minuto aveva guadagnato la toilette per fare quanto impone la fisiologia del corpo umano. Il suo pensiero era costantemente rivolto a Gladuela: mancavano meno di trenta giorni alla celebrazione del matrimonio.
Stava per finire di fare la toilette, quando sentì la voce di Mezza Cazzuola che lo invitava a prendere il caffè.

Redazione

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