Costume e SocietàLetteratura

Il doppio senso della Sacra Prostituzione e la tradizione di Locri

La Legge è uguale per tutti

Di Giuseppe Pellegrino

Dopo aver spiegato a Caronda che la Festa della Sacra Prostituzione era il prezzo pagato la maledizione che Cassandra aveva scagliato su Aiace Oileo e i suoi discendenti dopo essere stata violata, Zaleuco continuò:
«Da allora, come espiazione, due vergini vengono ogni anno inviate al tempio di Atena Iliaca e le vergini sono scelte sempre fra le donne delle cento case. Anche Locri contribuisce con una vergine. E non tutte arrivano alla meta. E noi discendenti di Aiace, dalla madre Locri che sta  ad oriente, condotti in questa terra da Evanto, continuiamo a portarci dietro l’orrore per il sacrilegio e il peso della millenaria espiazione, con il sacrificio delle nostre vergini, perché sempre sia ricordato che non può essere oltraggiata una Dea o una sua sacerdotessa nella sua essenza di donna, e che il sacrificio delle figlie delle donne delle cento case ci riscatta da quella vergogna.»
Tirso a questo punto ritenne di dover intervenire: «Quante cose nefande ,Zaleuco, si giustificano in nome degli Dei. Per quanto tempo occorre pagare, Zaleuco, un errore che non abbiamo mai commesso? Perché pagare in tanti e per così tanto tempo l’oltraggio commesso da uno solo? Penso, Zaleuco, che niente è eterno e tutto deve essere adeguato al cambiamento. Ciò che ha avuto un senso un tempo, non credo che l’abbia oggi».Il ragionamento di Tirso, pensò Zaleuco, ha una sua logica e andava oltre la questione della Sacra Prostituzione. Tuttavia il Magistrato pensò di non prestarsi alla provocazione e di mantenersi sul generico, per cui rispose: «Penso che un popolo debba essere attaccato alle sue tradizioni, perché rappresentano le sue radici. Un popolo senza radici non rappresenta un corpo, una polis, ma solo un gregge senza guida, o un gregge pronto a sottomettersi al primo feroce pastore».Senocrito capì che era il momento di intervenire. Lo preoccupava il silenzio del padrone di casa fino a quel momento, e poi l’improvviso intervento nella conversazione. Di Tirso ormai sapeva tutto e capì anche il suo recondito, pericoloso pensiero, come lo aveva capito sicuramente anche Zaleuco. Il poeta era spesso intervenuto nella conversazione, ma l’argomento culinario non lo attraeva, anche perché non mangiava né carne né pesce, ma solo verdura e legumi. Parlava di tutto il cantore,ma preferiva la poesia e la filosofia; preferiva la conoscenza venuta dei viaggi che aveva fatto e che ora erano diventati rari. Capì che, solo portando la conversazione fuori dalla piega che aveva preso, si poteva evitare il grande imbarazzo che pervadeva il padrone di casa. La poesia accomunava tutti e Senocrito amava la poesia cantata, amatoria, amava la festa della sacra prostituzione che era fonte principale della sua ispirazione, poiché il doppio senso, l’amore carnale e lascivo era l’argomento preferito. Reinventava gli eroi e la sua fissazione era in quel momento Tirso. Ma il poeta provava per il giovane sentimenti di purezza assoluta. Per lui Tirso era Achille e Ulisse, Aiace Oileo ed Ettore. Era l’incarnazione assoluta della forza e della bellezza, delle furbizia e dell’intelligenza. Era Afrodite e Ares. Tirso, che la prima giovinezza l’aveva trascorsa con maestri eccelsi, era conscio di questo sentimento. Non consapevole di ricambiarlo. Certo non era indifferente al poeta, che usava ai suoi fini, ma guardava con timore, riverenza e affetto.«Come bene ha ricordato, Caronda, domani inizia la Festa della Sacra Prostituzione. Domani tutto è gioia e amore, c’è tempo per discorsi importanti. Domani – continuò Senocrito – come dice il poeta soldato di Paro, domani avremo modo di vedere come “chiome profumate e larghi petti anche in un vecchio la bramosia accendono” e ,dunque, con il poeta gridiamo: “Ah! come vorrei queste mani posare su te Neobule, stringerti… premere sul bacino e possederti, strusciare ventre a ventre , cosce a cosce».
Tutti risero all’uscita di Senocrito. Caronda era addirittura estasiato. Lo stesso Zaleuco tornò di buonumore. Ma il poeta sembrava un fiume in piena e continuò: «Io canto l’amore che unisce uomini e donne, canto l’amore che non tiene conto del sesso, canto l’amore che fa gioire, l’amore che fa soffrire, l’amore che ha portato il cantore Ofeo all’Ade per la sua Euridice, facendo piangere di commozione la sua Regina e poi lo ha portato alla morte che le terribili Bistonidi Traci gli hanno inferto per l’amore che aveva per Kalais, inchiodando alla lira la sua testa mutila che gettata nel mare ha vagato, in cima ai flutti, fino a Lesbo, coprendo di melodia il mare».
Tutti gli astanti ammutolirono, non solo per le parole del poeta, ma per l’aperta confessione che il vecchio Senocrito faceva in publico per Tirso, ma che Caronda, ignorando la vita del poeta, non capiva nella sua portata reale, ma capiva per la sua forza poetica.
Il banchetto finì tardi e gli ospiti alla fine si accomiatarono. Caronda si fermò con i suoi servi e soldati da Tirso. Gli altri presero la via di casa, accompagnati ognuno da un servo. Solo Zaleuco tornò senza scorta alcuna e guadagnò la vicina casa.
Puntuale,al sorgere del giorno dell’inizio dell’estate, le cento vergini locresi, figlie delle Donne delle Cento Case, si recarono nei recinti sacri della peripoli.

Redazione

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