Costume e SocietàLetteratura

La complessità del concetto di “consenso” nella lotta contro la violenza di genere

Le riflessioni del Centro Studi

Di Giuseppe Oppedisano – Avvocato del Foro di Locri

Dopo aver analizzato che la razioni per cui lo stupro non è stato inserito nella Direttiva contro la violenza di genere abbiamo introdotto il discorso su quanto complicato sia definire i confini in cui deve essere incasellato il concetto di stupro inteso come rapporto senza consenso.
La libertà di una delle parti, quella delle donne, viene da molti infatti considerata solo un’apparenza. Il rapporto diventa un obbligo, in quanto in una società patriarcale si vive male e con alibi. Si tratta di una visione autoritaria, manichea, e come tale è inaccettabile.
Secondo altre teorie il consenso è possibile e, per di più, dovrebbe essere obbligatorio, affermativo, esplicito. Da un lato propone che “il consenso non è impossibile, ma è difficile”, per cui bisognerebbe “assicurarsi” che la donna esprima un chiaro “sì” oppure un “no”, ma ciò non appare accettabile in quanto immergerebbe il rapporto in una visione di tipo contrattualistico, lontana dalla realtà effettuale.
Secondo altri il “consenso è molto facile.” Basta sapere cosa vogliamo e verbalizzarlo. Quanto più inequivocabile è questa espressione positiva della volontà di fare sesso, tanto meglio è. Non dobbiamo prestare attenzione solo alla volontà, ma anche al desiderio. Anche questa teoria appare non recepibile, in quanto collega la volontà al desiderio, come se il desiderio fosse sempre trasparente e intelligibile e, invece, non abbia momenti di ambiguità, per cui un “no”, molte volte è un “”.
Il consenso può essere non necessariamente entusiastico e anche non esplicito, ma certamente è delimitato dall’area legale e penale, per cui se non c’è volontà e non c’è consenso, allora si tratta di violenza.
Altro limite è rappresentato dall’etica, per cui se manca la volontà perché c’è stata un’incomprensione, un errore, manca il sentimento fra amanti, ma non c’è aggressione, intimidazione, allora non è un crimine.
La direttiva costituisce un traguardo nella lotta alla violenza di genere, ma dimostra la persistenza di una mentalità passata e contraddittoria, in quanto la stessa Convenzione di Istanbul, adottata da quasi tutti gli Stati Europei, all’art. 36, comma 1 lett. a, obbliga gli Stati firmatari ad adottare misure legislative per perseguire penalmente i responsabili dei comportamenti intenzionali, fra cui lo stupro, definito come “atto sessuale non consensuale“.
Ebbene, dopo la ratifica del 2013, l’articolo 609-bis c.p. non ha subito modifiche per allinearlo alla Convenzione di Istanbul. In particolare, la sua formulazione non menziona il consenso, rappresentando una vera e propria lacuna giuridica.
Sul punto soccorre la giurisprudenza e la dottrina che invece lo considerano come elemento essenziale del reato.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il consenso debba essere presente al momento dell’atto e, malgrado il comportamento provocatorio, anche durante tutto l’atto sessuale.
In precedenza aveva affermato che “l’esimente putativa del consenso dell’avente diritto non è configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale”; ne deriva che “ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, è richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente”.
Alcune pronunce hanno riconosciuto la configurabilità, in astratto, dell’esimente putativa del consenso nei reati sessuali, come errore fondato sul contenuto espressivo, in ipotesi equivoco, di precise e positive manifestazioni di volontà promananti dalla persona offesa.
Il consenso della vittima non vale se erroneamente ipotizzato dall’autore; l’assenza di consenso non vale come sì; il consenso dovrebbe essere esplicito ed inequivocabile. Il richiamo è, quindi, ai valori della nostra Carta Costituzionale, alla parità di genere, all’educazione e al rispetto reciproco della dignità umana, quale base per le relazioni umane.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/04/2024
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