“Dal Calvario alla Resurrezione: il nostro viaggio di speranza e sofferenza”

Di Antonella ed Enzo Schirripa
A inizio primavera di questo 2025, giungevamo d’urgenza al pronto soccorso dell’Ospedale di Locri perché nostro padre era in difficoltà respiratoria e con un’emorragia in corso, ma rimanevamo in pronto soccorso per 2 notti e 3 giorni, in attesa che si liberasse un posto per il ricovero. La tac eseguita mostrava sin da subito una situazione complicata, con un notevole versamento pleurico. Una volta ricoverato in reparto, ci veniva proposto un esame di toracentesi non solo per tentare il drenaggio, ma anche per scopo diagnostico, esame rivelatosi difficoltoso perché mal tollerato dal paziente, che andava in shock. Ci siamo ritrovati con papà che era già esile ma ulteriormente debilitato perché messo a digiuno sin dal primo giorno di accesso al pronto soccorso e poi, una volta giunti in reparto, alimentato solo artificialmente per tutto il tempo del ricovero. Il problema cardiologico non è stato proprio affrontato, malgrado la documentazione esibita dei pregressi interventi cardiologici subiti dal paziente, tra cui uno a cuore aperto negli anni ’90 a Roma e uno successivo con mitralclip nel 2021 a Torino.
Siamo nel bel mezzo di una Quaresima e. giunti al tredicesimo giorno di un ricovero straziante, quasi come se fossimo giunti alla tredicesima stazione di una Via Crucis, a nostro padre venivano finalmente eseguiti i due esami strumentali di gastroscopia e colonscopia, nonostante fossero stati richiesti come esami necessari sin dalla prima consulenza gastroenterologica in pronto soccorso ma ritardati per via della mancanza di personale. Giungevamo alle dimissioni ove venivamo invitati a prendere contatti per una necessaria consulenza di CHIRURGIA TORACICA del cui reparto, però, l’Ospedale di Locri, per come venivamo a scoprire, è sprovvisto.
Un profondo senso di smarrimento e di sconforto pervadeva i nostri animi ma, senza arrenderci, prendevamo piena consapevolezza della necessità di doverci rivolgere altrove: si deve partire!
Il caso raccontato non è distante da chi, per scelta o necessità, abita questo territorio ed è da questo che nasce l’esigenza di condividere.
Dopo qualche ora dalle dimissioni partivamo d’urgenza per l’Ospedale, tra quelli contattati, che presentava prima data disponibile utile col SSN, facendo una prima prenotazione per una visita di chirurgia toracica con impegnativa “urgente” e, per anticipare di qualche giorno, si accedeva ad altra prenotazione in intramoenia, ma nostro padre, a quelle visite, non ci è mai arrivato! Infatti, dopo avere iniziato il viaggio della speranza verso il Nord, ove in realtà siamo giunti, ma esausti, papà veniva trattato con urgenza e relativa ossigenazione in pronto soccorso presso l’Humanitas Gavezzani in Lombardia, per essere successivamente stabilizzato in reparto. Venivano drenati ben 3.700 cc di liquido siero – ematico dai polmoni ed affrontato delicato intervento cardiochirurgico. Papà ha ricevuto tutte le attenzioni di cui necessitava e anche noi, come famigliari, siamo stati accolti ed ascoltati, in un continuo aggiornamento sulle condizioni di salute che ci venivano puntualmente riportate.
Ci mettiamo nei panni di quanti non avrebbero potuto affrontare con speditezza la situazione che si è a noi prospettata.
La vita che ci è stata donata è preziosa e, al di là dell’età anagrafica, bisogna avere lo stesso rispetto per i pazienti, piccoli o grandi che siano e parliamo non solo da figli di un anziano (se così dobbiamo definire un uomo poco più che settantenne) ma anche da genitori di tre bambini piccoli. Dei giorni di degenza all’Ospedale di Locri ricordiamo in particolare l’attesa estenuante delle ore trascorse in pronto soccorso, momenti interminabili. Ci siamo ritrovati a richiedere il ricovero in reparto come se fosse un favore e non un diritto ma non ci è mai mancato il supporto spirituale del cappellano dell’Ospedale di Locri Don Zephirin e del suo collaboratore, diac. Mimmo, che sono due angeli in corsia.
Ci auguriamo che tutti gli ammalati, senza distinzione alcuna, possano intanto sostare il meno possibile in pronto soccorso, perché va di mezzo la dignità delle persone umane, ma l’augurio più grande è quello di potere trovare le giuste diagnosi e terapie sul nostro territorio senza dover fare i viaggi della speranza oltre Regione. L’ammalato è soggetto fragile e ha bisogno di incontrare competenza ma anche umanità dal personale medico e paramedico per giungere insieme, con l’innegabile supporto famigliare e amicale, a una completa guarigione o, quantomeno, a un sollievo nelle proprie sofferenze. Questa è stata la nostra Quaresima, per quest’anno, che ci ha condotto dal Venerdì Santo alla Resurrezione della Santa Domenica di Pasqua, vissuta in un letto di ospedale, per giunta lontano da casa. Siamo stati accompagnati dall’affetto di amici, parenti, vicini di casa, nonché colleghi di lavoro che hanno dimostrato di volerci bene. Ringraziamo tutti indistintamente perché ci hanno supportato in questa vicenda dolorosa ma, grazie a Dio, a lieto fine. Appena giunti a Locri, la nostra prima tappa è stata la Chiesa di Santa Caterina al Corso, Patrona di Locri, in cui il parroco Don Giuseppe, con il suo collaboratore diac. Michele, sembrava ci stessero aspettando per ringraziare insieme Dio per il miracolo ricevuto.
Quando il PS di Locri non sarà più un parcheggio per raccomandati e parenti di chi conta, non potrà mai essere un vero polo sanitario…….anche alla luce di una sanità che in Calabria, ed in particolare nella ionica, non esiste affatto. Tutto a discapito delle vite delle persone per favore l’appaltatore X o il parente Y. Per forza non c’e’ personale: chi puo’ va in pensione, chi no si trasferisce altrove perchè li è terra di nessuno! o meglio terra di chi si arricchisce sulla salute delle persone malate…