Se anche lo Stato ti invita a rinunciare ai tuoi diritti…
Pensieri, parole, opere… e opinioni

L’8 e il 9 giugno l’elettorato italiano sarà chiamato a pronunciarsi su cinque quesiti referendari abrogativi, focalizzati su due macrotemi di notevole rilevanza costituzionale e sociale: la protezione dei diritti dei lavoratori e le norme relative all’acquisizione della cittadinanza italiana. Come di consueto, l’appuntamento referendario rappresenta un’importante occasione di esercizio della democrazia diretta, attraverso la quale i cittadini possono intervenire direttamente nel processo legislativo, correggendo o eliminando disposizioni normative percepite come ingiuste, obsolete o contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano. Tuttavia, il dibattito pubblico in vista della consultazione ha finito per concentrarsi maggiormente sulle dichiarazioni del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha annunciato l’intenzione di promuovere l’astensione, piuttosto che entrare nel merito specifico dei quesiti proposti.
Sebbene ogni cittadino, incluse le figure istituzionali, abbia il sacrosanto diritto di esprimere opinioni personali, le esternazioni del Presidente del Senato risultano particolarmente discutibili alla luce del ruolo che egli ricopre. Se, infatti, per un partito politico l’invito all’astensione può rientrare in una legittima strategia elettorale – come già avvenuto nel 2003 con i Democratici di Sinistra, il cui caso è stato più volte richiamato dalla stampa di partito per giustificare le esternazioni di La Russa – è profondamente diverso il caso di una delle più alte cariche dello Stato. Il Presidente del Senato, seconda figura della Repubblica per rango istituzionale, ha l’obbligo morale e giuridico di mantenere una condotta super partes, in linea con il principio di terzietà che garantisce l’equilibrio tra i poteri dello Stato e la fiducia della cittadinanza nelle istituzioni. La sua funzione non è assimilabile a quella di un rappresentante politico di parte, ma si configura come quella di un custode dell’equilibrio e dell’imparzialità del Senato, organo fondamentale del Parlamento italiano. Si comprende bene, dunque, come, soprattutto durante un’uscita pubblica, una dichiarazione forte del Presidente del Senato possa essere automaticamente attribuita all’interezza dell’istituzioni rappresentata, facendo passare il messaggio, gravissimo, che esercitare il proprio diritto di voto sia un atto osteggiato da uno dei rami più importanti dello Stato stesso.
Ma che cosa dicono di così “inutile e dannoso” i cinque quesiti referendari? Proposti da CGIL e +Europa, affrontano altrettanti nodi critici del panorama giuridico e sociale italiano:
- Licenziamenti e Jobs Act: si chiede l’abrogazione della norma che consente alle aziende con oltre 15 dipendenti di evitare l’obbligo di reintegro per il lavoratore licenziato senza giusta causa, se assunto dopo il 2015, una disposizione introdotta con il Jobs Act che ha suscitato ampie critiche.
- Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese: proposta di cancellazione del limite massimo di sei mensilità previsto per il risarcimento in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di 16 dipendenti, per equiparare i diritti risarcitori dei lavoratori indipendentemente dalla dimensione dell’impresa.
- Contratti a termine: reintroduzione dell’obbligo di specificare una causale nei contratti a tempo determinato, al fine di limitare gli abusi nell’utilizzo di contratti precari e promuovere relazioni lavorative più stabili.
- Sicurezza nei cantieri: ripristino della responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore in caso di infortuni sul lavoro, con l’obiettivo di rafforzare la tutela della sicurezza dei lavoratori nel settore delle costruzioni e dei grandi appalti.
- Cittadinanza: proposta di ridurre da 10 a 5 anni il periodo minimo di residenza richiesto ai cittadini stranieri per poter richiedere la cittadinanza italiana, lasciando invariati tutti gli altri requisiti previsti dalla normativa vigente.
Qualche che sia la posizione che si vuole esprimere, la partecipazione al voto costituisce un atto fondamentale di responsabilità civica e un momento di vigilanza democratica imprescindibile. In un contesto storico segnato da una crescente disaffezione nei confronti della politica e da livelli di astensione elettorale sempre più elevati, la scelta di non votare, anche in un’occasione come questa, rischia di lasciare spazio a forme di concentrazione del potere e a derive autoritarie. Il suffragio universale non è infatti, soltanto un diritto individuale, ma rappresenta anche un presidio istituzionale contro l’arbitrio e gli abusi di potere, garantendo il coinvolgimento della cittadinanza nei processi decisionali.
Il messaggio che questa tornata referendaria intende trasmettere alla collettività non è un invito alla rinuncia, bensì una sollecitazione forte alla partecipazione attiva, informata e consapevole. Solo attraverso un impegno critico e costante dei cittadini nei confronti della cosa pubblica sarà possibile ricostruire una relazione virtuosa e produttiva tra società e istituzioni, restituendo piena vitalità e significato ai principi fondamentali della democrazia repubblicana.
Per questo ogni voto conta. Anche se si tratta di un NO…