Costume e Società

15 maggio 1860: la battaglia di Calatafimi e il collasso del Regno delle Due Sicilie

Quel che Nessuno vi ha detto

Bentornati a Quel che Nessuno vi ha detto, rubrica con la quale ogni settimana analizziamo eventi storici avvenuti nella data di pubblicazione, valutandone le implicazioni e le conseguenze che ancora oggi influenzano la società contemporanea.
Tra gli eventi storici riconducibili alla data del 15 maggio, la battaglia di Calatafimi rappresenta uno snodo cruciale all’interno del processo di unificazione nazionale italiana. Si tratta del primo scontro armato della Spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi, avvenuto nei pressi dell’omonima cittadina siciliana nel 1860. Questo episodio segnò l’inizio della dissoluzione dell’autorità borbonica nel Mezzogiorno, e fu percepito come l’inizio concreto della rivoluzione unitaria dal basso.
Sebbene non decisiva da un punto di vista strettamente militare, la battaglia di Calatafimi assunse un rilievo altamente simbolico. L’esito favorevole per i garibaldini, nonostante la loro inferiorità numerica e logistica, evidenziò la fragilità del potere borbonico e rafforzò l’idea, fino ad allora incerta, che fosse effettivamente possibile rovesciare l’assetto politico esistente. La ritirata del generale Francesco Landi, al comando delle truppe regie, segnò un momento di svolta, consolidando il prestigio dell’impresa garibaldina e accrescendo l’entusiasmo popolare e l’adesione dei patrioti del Sud alla causa unitaria.
Il contesto politico-sociale nel quale si colloca la battaglia era caratterizzato da profonde tensioni strutturali. Il Regno delle Due Sicilie, pur formalmente stabile, era attraversato da fenomeni di malgoverno, disuguaglianze socio-economiche, inefficienza amministrativa e diffuso malcontento popolare. In particolare, nelle aree rurali della Sicilia, l’oppressione dei latifondisti, l’assenza di diritti civili per ampie fasce della popolazione e il centralismo borbonico alimentavano una crescente insofferenza. In questo scenario, Garibaldi e i suoi volontari, provenienti da differenti aree della Penisola e animati da ideali patriottici, democratici e repubblicani, trovarono una parziale adesione da parte delle popolazioni locali, spesso desiderose di emancipazione, pur con aspettative eterogenee e talvolta contraddittorie.
Le motivazioni che spinsero numerosi individui ad arruolarsi nella Spedizione dei Mille erano eterogenee: oltre all’adesione agli ideali risorgimentali, va considerata la volontà di partecipare attivamente a un progetto politico di ampio respiro, volto a superare le frammentazioni statuali della Penisola. Per alcuni, si trattava di un’opportunità per riscattare una condizione sociale marginale, per altri un atto di militanza politica o un’avventura esistenziale. La vittoria ottenuta a Calatafimi, benché modesta nei numeri, costituì un potente catalizzatore ideologico, rafforzando la legittimità e l’attrattività della causa unitaria e accelerando il disfacimento dell’autorità borbonica, già minata internamente.
L’eredità della battaglia di Calatafimi si conserva nella memoria pubblica italiana come uno dei passaggi fondamentali del Risorgimento. L’episodio è frequentemente evocato nei discorsi patriottici, nelle commemorazioni ufficiali e nella toponomastica urbana. Emblematica resta la frase attribuita a Garibaldi – «Qui si fa l’Italia o si muore» – che ben sintetizza lo spirito di abnegazione e la tensione ideale che animava l’azione dei Mille. Tuttavia, negli studi più recenti, si è cercato di indagare anche le narrazioni marginali e le reticenze storiografiche, interrogandosi sull’effettiva portata rivoluzionaria del movimento e sulla successiva disillusione di molte delle componenti popolari che avevano appoggiato l’impresa.
Uno studio approfondito della battaglia di Calatafimi consente dunque di cogliere non soltanto le dinamiche militari dell’impresa garibaldina, ma anche gli aspetti politici, culturali e simbolici che ne hanno fatto un punto di riferimento nella costruzione dell’identità nazionale italiana. Analizzare l’evento attraverso una lente multidisciplinare permette di comprendere meglio le tensioni che attraversavano l’Italia preunitaria, la complessità del processo risorgimentale e le ambivalenze che hanno accompagnato l’unità. A oltre 160 anni di distanza, tale evento continua a sollecitare interrogativi interpretativi, rivelandosi uno snodo storiografico di grande rilevanza per comprendere le trasformazioni dell’Italia contemporanea, nonché il modo in cui la storia è stata narrata, celebrata o anche omessa nel dibattito pubblico e istituzionale.

In foto: La battaglia di Calatafimi di Remigio Legat, Pubblico dominio

Oὐδείς

Oὐδείς (pronuncia üdéis) è il sostantivo con il quale Ulisse si presenta a Polifemo nell’Odissea di Omero, e significa “nessuno”. Grazie a questo semplice stratagemma, quando il re di Itaca acceca Polifemo per fuggire dalla sua grotta, il ciclope chiama in soccorso i suoi fratelli urlando che «Nessuno lo ha accecato!», non rendendosi tuttavia conto di aver appena agevolato la fuga dei suoi aggressori. Tornata alla ribalta grazie a uno splendido graphic novel di Carmine di Giandomenico, la denominazione Oὐδείς è stata “rubata” dal più misterioso dei nostri collaboratori, che si impegnerà a esporre a voi lettori punti di vista inediti o approfondimenti che nessuno, per l’appunto, ha fino a oggi avuto il coraggio di affrontare.

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