La Legge Bottai e l’evoluzione della tutela dei Beni Culturali in Italia
La tutela penale dei beni culturali

Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
Alla legge Rosadi sulla titolarità dei beni culturali seguì, nel 1939, la legge nº 1.089, comunemente detta legge Bottai, alla quale viene unanimemente riconosciuto il pregio di aver per la prima volta razionalizzato la materia nel nostro Paese.
La legge Bottai, relativamente alle mai sopite tensioni discendenti dalla scissione tra pubblico e privato della proprietà dei beni culturali, pur mantenendo la dicotomia esistente per tali beni, sottrasse i beni dei privati alle regole del diritto comune e li sottopose allo stesso regime di tutela previsto per i beni pubblici sempre che questi presentassero interesse storico, artistico, archeologico o antropologico, eccezion fatta per le opere di autori ancora viventi, la cui esecuzione non risaliva a oltre 50 anni.
Il regime di tutela dei beni culturali di proprietà pubblica e di quelli di proprietà privata, a seguito all’emanazione della legge Bottai, era il medesimo, con l’unica differenza che l’assoggettamento a tale forma di tutela era automatico per i beni pubblici, mentre per i beni privati era preceduto dalla notifica ai proprietari dell’interesse storico o artistico, particolarmente importante dei beni da loro posseduti.
La notifica con la quale si comunicava ai privati l’inclusione dei beni da loro posseduti nella categoria dei beni di interesse storico o artistico comportava una serie di vincoli e limiti finalizzati alla conservazione del bene e, in casi particolari, anche all’obbligo per il privato di consentirne il pubblico godimento, mediante il diritto di visita.
La legge Bottai, in definitiva, pur riconoscendo il diritto di proprietà in capo ai privati (fossero essi individui o società), prevedeva per costoro l’obbligo di comunicazione di tutti gli atti negoziali afferenti beni culturali, con riserva per lo Stato del diritto – di prelazione- di acquistare i beni messi in vendita allo stesso prezzo concordato tra privati.
Ad appena tre anni dall’entrata in vigore della legge Bottai, venne poi emanato anche il nuovo (attuale) codice civile che, agli articoli 822 e seguenti, suddivise i beni culturali pubblici nelle sottocategorie dei beni demaniali e di quelli appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, senza però apportare modifiche alla materia.
L’emanazione della Carta Costituzionale, invece segnò un momento veramente importante per la normativa che disciplinava la tutela dei beni culturali, in quanto essa ha inserito il diritto/dovere della tutela del patrimonio artistico e storico fra i diritti fondamentali del nostro Ordinamento (art. 9, comma 2º) e, al contempo, ha previsto delle limitazioni alla riconosciuta e tutelata proprietà privata (art. 42, comma 2º).
Annoverazione tra i diritti fondamentali e limitazioni al diritto di proprietà, quelle previste dalla Carta Costituzionale a tutela dei beni culturali, per garantirne la funzione sociale che, a tutt’oggi, costituiscono dei principi cardine da seguire per delimitare l’ambito di operatività delle misure ablative in materia di beni culturali.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore
In foto Giuseppe Bottai di Ghitta Carell, Pubblico Dominio




