Costume e Società

Mimma Brancatisano: un esempio di coraggio e perdono

Nella giornata di ieri, martedì 1 luglio, la comunità di Bovalino si è stretta con profonda partecipazione intorno alla famiglia di Mimma Brancatisano, vedova di Lollò Cartisano, per renderle l’ultimo saluto. Le esequie, celebrate con grande intensità emotiva, sono state accompagnate da due omelie toccanti e cariche di significato, pronunciate rispettivamente da Don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera contro le Mafie, e da Mons. Francesco Oliva, vescovo della Diocesi di Locri-Gerace. Due voci diverse, ma unite nel riconoscere e onorare la statura umana, morale e spirituale di una donna che ha segnato profondamente la storia della Locride.
Mimma e Lollò, uniti da un amore profondo per la famiglia e per la fotografia, vissero insieme una delle pagine più tragiche della storia recente del nostro territorio. Il 22 luglio del 1993, furono infatti entrambi vittime di un sequestro: lei fu stordita con un colpo alla testa e abbandonata ai margini della strada, lui venne portato via e non tornò più. Ma ancora prima di quella notte, Mimma e Lollò avevano compiuto una scelta che richiedeva straordinario coraggio: dire no al pizzo, dire no alle estorsioni, dire no alla violenza mafiosa. Lo ha ricordato con forza Don Ciotti, sottolineando come quella decisione, condivisa nella quotidianità, sia diventata esempio per intere generazioni: «Il rifiuto, nonostante le minacce, di non pagare. La forza della denuncia, il coraggio di unire le forze per diventare forza comune».
Negli anni successivi alla morte di Lollò, Mimma ha incarnato un esempio raro di dignità e di forza. Dopo un lungo silenzio rotto solo dalla speranza, una lettera anonima scritta da uno degli ex carcerieri portò finalmente al ritrovamento dei resti di suo marito, sepolti alle pendici di Pietra Cappa, una montagna cara a Lollò, spesso protagonista dei suoi scatti. Ma non è stato solo un gesto di chiusura del dolore: da quel momento in poi, Mimma ha trasformato la sua vita in un cammino di testimonianza, tornando ogni anno su quei sentieri, accompagnata da amici, famigliari e giovani. Ogni 22 luglio, chiedeva di portare un sasso con un fiore disegnato: un simbolo potente di perdono e di rinascita, perché come lei stessa ricordava, «grazie a un fiore germogliato nel cuore di pietra di un carceriere, abbiamo potuto riavere i resti di Lollò».
Il vescovo Oliva, nella sua omelia, ha ricordato con parole profonde il contributo di Mimma alla crescita civile della comunità: «Dal monolite di Pietra Cappa, ove l’umanità sembrava morta, è ricomparsa la vita anche attraverso il coraggio di questa donna». Ha definito Mimma una presenza discreta ma costante, una donna di fede che non ha mai ceduto all’odio o alla vendetta, ma ha saputo coltivare speranza anche nel cuore del dolore. «Non con animo vendicativo, ma con la forza del perdono, Mimma ha insegnato che “l’amore vince sempre”».
L’eredità morale che Mimma e Lollò lasciano alla Locride è un patrimonio vivo, fatto di scelte quotidiane, di coraggio concreto, di coerenza profonda. Un esempio che va ben oltre il ricordo, perché si è fatto azione, movimento, seme piantato nel cuore di una terra ferita ma ancora capace di germogliare. Il loro impegno ha contribuito a far nascere una coscienza nuova: quella di una Calabria che non si arrende, che alza la testa, che non ha paura di denunciare. Una testimonianza che continuerà a camminare con i figli e i nipoti di Mimma, con tutti coloro che credono in una società libera dal giogo della criminalità organizzata.
«La morte è il tramonto di una giornata, non un’uscita, ma l’ingresso in una vita nuova.» Queste parole, pronunciate in chiusura, hanno risuonato come un abbraccio collettivo a Mimma, una donna che ha saputo vivere con eleganza anche il dolore più straziante.
La redazione di Métis si stringe alla famiglia di Mimma, che con la sua dolcezza, la sua fermezza e il suo silenzioso coraggio, ha saputo indicare a tutti noi la strada del riscatto possibile, che lascia un vuoto immenso, ma anche una luce che continuerà a illuminare il cammino di chi sceglie di resistere, di non voltarsi dall’altra parte, di credere che il bene sia più forte del male.

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button