CronacaReggio Calabria

Operazione “Res Tauro” arresti e sequestri nei confronti della cosca Piromalli

Dalle prime ore del 23 settembre, il Raggruppamento Operativo Speciale, con il supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri territorialmente competenti, in Benevento, Lecce, Milano, Nuoro, Palermo, Reggio Calabria, Santa Maria Capua Vetere e Ventimiglia, ha dato esecuzione a una misura cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 26 soggetti, indagati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione illegale di armi e munizioni, turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso, nonché di reati in materia di armi.
L’indagine – avviata nel 2020 – ha a oggetto la ricostruzione degli attuali assetti della cosca Piromalli, articolazione della Ndrangheta di particolare rilievo nel complessivo panorama criminale dell’intera organizzazione di cui, secondo la ricostruzione allo stato ritenuta fondata dal Giudice per le indagini preliminari, sono risultate figure di primo piano quelle dei fratelli Giuseppe Piromalli, cl. 1945, facciazza, Gioacchino,cl. 1934, e Antonio, cl. 1939, cui è contestata la direzione strategico-operativa della cosca e delle connesse attività delittuose.
In proposito, posizione di preminenza è stata attribuita a Giuseppe Piromalli il quale, all’indomani della sua scarcerazione – intervenuta il 10/05/2021, dopo 22 anni consecutivi di detenzione in regime di cui all’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario – avrebbe ripreso le redini della cosca ridefinendo i ruoli e compiti degli associati, riaffermando il suo potere sul territorio attraverso una costante pressione estorsiva ai danni di imprenditori e operatori commerciali, nonché attraverso l’alterazione delle aste giudiziarie mediante l’inquinamento delle relative procedure di vendita, al fine di acquisire beni d’interesse della cosca stessa, di rientrare in possesso di beni già confiscati, oppure, di ricevere denaro e/o altre utilità da terzi intenzionati ad aggiudicarsi la procedura pubblica.
I beni così acquisiti dalla cosca, attraverso articolate operazioni, sarebbero stati intestati fittiziamente a terzi compiacenti col fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale.
Secondo quanto ritenuto nel provvedimento cautelare, gli ingenti profitti illeciti, percepiti quasi esclusivamente in denaro contante, sarebbero stati reinvestiti in attività imprenditoriali riconducibili alla cosca, attraverso un sistema di riciclaggio e autoriciclaggio connesso principalmente ai servizi forniti alle aziende agricole del luogo.
Contestualmente alle misure cautelari personali il ROS ha proceduto all’esecuzione di un sequestro preventivo di urgenza, emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, di 6 immobili, 16 appezzamenti di terreno, 3 imprese individuali e 2 imprese agricole per un valore stimato di mercato di 3 milioni di euro, ritenuti riconducibili, a vario titolo, a soggetti appartenenti alla cosca.
Parallelamente è stata data esecuzione a due distinte misure di prevenzione patrimoniali – riguardanti beni mobili, immobili, rapporti bancari per un ammontare complessivo di oltre 4 milioni di euro – nei confronti di Giuseppe Piromalli e del suo braccio destro Antonio Zito (e dei rispettivi nuclei famigliari), richieste sulla base degli elementi raccolti nel corso delle indagini che hanno permesso di sostenere la qualificata e perdurante pericolosità sociale dei proposti nonché di acquisire, attraverso mirati accertamenti di natura patrimoniale, significativi elementi circa la gestione unitaria del cosca Piromalli che opera come un’unica entità economica, i cui profitti illeciti vengono condivisi e distribuiti.
I provvedimenti eseguiti sono stati adottati nella fase delle indagini preliminari e sono suscettivi di impugnazione. Pertanto, fino a sentenza definitiva, gli indagati devono essere considerati innocenti.

Redazione

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