La natura giuridica della responsabilità amministrativa degli enti
La tutela penale dei beni culturali

Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
Il diritto penale moderno, per come già detto in precedenza, è un diritto penale personalistico, antropomorfo che, in quanto tale, esclude ogni forma di responsabilità penale diversa da quella individuale.
Secondo tale concezione la persona giuridica, essendo un’entità astratta, un mero artificio giuridico, è titolare esclusivamente di diritti e doveri di natura patrimoniale, i quali sono autonomi e distinti rispetto ai diritti e ai doveri degli individui che la compongono.
A essa, inoltre, in quanto entità inesistente in natura, non dotata di una coscienza propria, non è in alcun modo imputabile la partecipazione psichica a un reato.
Detta concezione ha portato alla coniazione del brocardo latino societas delinquere non potest dal quale discende in via immediata uno dei principi portanti e formanti del diritto penale moderno che nel nostro ordinamento vanta anche il riconoscimento di diritto fondamentale nella disciplina dei rapporti tra Stato e Cittadino, ovvero il principio della responsabilità penale personale che ha una duplice accezione: divieto di attribuzione di un fatto reato a persona giuridica diversa dal reale autore; divieto di attribuzione di responsabilità penale a soggetti diversi dalle persone fisiche (persone giuridiche, animali o cose).
L’impostazione personalistica del diritto penale, espressa con l’anzidetto brocardo, è talmente radicata nella cultura giuridica contemporanea tanto da essere considerata una sorta di tabù, un limite insormontabile che ha poi portato il legislatore al momento della redazione del testo del D.L.gs 232/2001 [ovvero della legge che nella sostanza supera tale tradizionale limite] a sostenere, dapprima, che la non violazione di tale principio non è una responsabilità penale, bensì amministrativa, mentre subito dopo con la relazione accompagnatoria di tale Decreto Legislativo, alla luce del reale contenuto dello stesso, lo stesso legislatore ha sostenuto che siamo in presenza di un nuova forma di responsabilità, a metà strada tra la responsabilità penale e quella amministrativa; una sorta di ibrido.
Nonostante gli sforzi definitori del legislatore, la questione relativa alla reale natura giuridica della responsabilità penale degli Enti ha, comunque, acceso delle forti dispute negli ambienti giuridici, atteso che trattasi di una questione non meramente accademica, ma di una questione la cui risoluzione in un senso o nell’altro incide fortemente sulla portata e sugli ambiti di operatività di tale nuova tipologia di responsabilità.
Attualmente, sul tale problematica, arenatasi la tesi secondo la quale tale responsabilità introdurrebbe nel nostro ordinamento una sorta di sintesi tra le tre diverse preesistenti tipologie di responsabilità da fatto illecito, coesistono e si contrastano vicendevolmente, tre diversi orientamenti, alimentati anche dalla non univocità del D.L.gs. che a volte si rifà a principi penali (laddove, ad esempio, è previsto che la comminazione della sanzione presuppone la sussistenza di un reato presupposto), altre volte rimanda ai principi espressi con la legge 689 del 1981 (come, ad esempio, per il regime della prescrizione e le cause interruttive della stessa, strutturate attorno al modello introdotto per le sanzioni amministrative dall’appena citata legge 689) e, altre volte, addirittura, si rifà alle norme civilistiche (con riferimenti alle vicende modificative delle società).
Comunque, e al di là della possibile genesi di tale diatriba, vi è da registrare che tra le tre teorie, sottostanti ovviamente agli altrettanti orientamenti, due portano alle opposte rive del fiume, mentre la terza rappresenta una sorta di terra di mezzo, atteso che vorrebbe far coesistere i principi propri delle sanzioni penali e di quelle amministrative all’interno di un unico involucro, dando vita in tal modo a una sorta di diritto penale delle Società, regolato da norme proprie e travalicante i limiti imposti dalla tradizionale concezione personalistica del diritto penale.
Secondo il primo di tali orientamenti, infatti, la responsabilità per fatto reato degli Enti introdotta con il D.Lgs. 231/2001 sarebbe di natura amministrativa.




