Il matrimonio e i misteri del passato: tra amore e ombre del cuore
Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio
Al loro arrivo a casa della promessa sposa, sulla porta d’ingresso trovarono ad attenderli il fratello minore; era vestito di tutto punto, cosa che non lasciò dubbi sull’identità di chi aveva fatto la scelta dell’abbigliamento.
Nel bel mezzo del salone c’era Gladuela con un vestito celeste che s’intonava con l’azzurro dei suoi occhi: la sua bellezza era tale d’apparire, agli occhi di Marco, come il fiore più bello del giardino della creazione.
Quindici minuti dopo l’arrivo di Marco e degli altri suoi invitati, il rumore dei motori di alcune auto attirò l’attenzione dei padroni di casa. Dalle auto iniziò a uscire il resto degli invitati, tra cui Rocco con la moglie.
Quella sera Rocco, ritrovatosi con i vecchi amici, alzò il gomito e raccontò, ai presenti, la storia dell’usciere. La curiosità stimolò gli animi dei presenti, che pretesero di sapere com’era andata tutta la vicenda. Quella sera emersero dei particolari inediti, tra cui il ricatto psicologico, esercitato da mastro Filippo, nei confronti dei due coniugi comunisti. La dovizia di particolari con cui Rocco rese edotti i presenti, svelò l’arcano della marcia indietro del compagno usciere.
Gladuela, per la felicità, non stava nella pelle. I fratelli della donna si comportarono in modo composto, mentre donna Angelina, come sempre, tenne banco.
La serata andò meravigliosamente bene, donna Angelina si comportò da perfetta matriarca; finiti i convenevoli, donna Angelina prese commiato e uscì seguita da tutti gli invitati di Marco.
Saliti in macchina, avviarono i motori e partirono in direzione delle rispettive case.
Sull’uscio di casa c’era Gladuela con i fratelli, rimasero lì fino a quando l’ultima auto non andò via.
Dopo che i fratelli rientrarono in casa, Gladuela rimase lì ferma con lo sguardo assorto nella direzione in cui andò via la macchina con bordo il futuro sposo.
Poco dopo rientrò in casa e prese a sistemare il disordine creato dalla festa.
Alle prime luci del giorno, Marco fu svegliato dal rumore di una finestra che sbatacchiava al piano di sotto. Refoli di vento agitavano la chioma degli alberi, mentre il trombettiere dell’alba era impegnato ad annunciare il sorgere del sole.
Marco scrutò il cielo in cerca di segni premonitori: niente, il cielo era perfettamente terso come non lo vedeva da qualche tempo. Alla vista il suo animo si rasserenò, il creato diede ai suoi occhi il meglio di sé, anche se non si giustificavano quei refoli di vento.
Marco riguardò il cielo per sincerarsene, ancora una volta, che non ci fosse uno stormo di corvi che roteasse sopra la sua casa. Un tal evento, per una questione di retaggio culturale, lo avrebbe interpretato come un cattivo presagio per il suo matrimonio.
Un’ora dopo, quando il disco del sole aveva superato di molto la linea dell’orizzonte, vide arrivare la macchina di donna Angelina alla cui guida c’era Cosimo; era arrivata l’ora di presentarsi alla casa Comunale per adempiere la burocrazia della prima promessa.
Dopo i saluti, Marco salì in macchina e partirono per recarsi alla Casa Comunale.
Mentre l’auto percorreva la strada, il promesso sposo guardava scorrere il paesaggio.
I suoi occhi riflettevano la felicità che portava nel cuore: finalmente stava per coronare il sogno di stringere a sé la donna di cui era innamorato. Lungo il percorso, Marco rivisse le tre notti di quando partiva da casa con la bicicletta per recarsi nella cantina del palazzo della cugina Elisabetta dove lavorava, senza sosta, allo scopo di portare a compimento quanto si era prefissato.
A distanza di tanto tempo da quando aveva messo a segno il furto all’ufficio postale, non era ancora riuscito a collocare, in luogo sicuro, i cinquecento milioni.
La macchina di donna Angelina e quella della famiglia di Maria parcheggiarono davanti al Municipio.
Passarono oltre venti minuti da quando entrò nell’ufficio dell’anagrafe e dei Chinnici neppure l’ombra. Il cognato di Marco, rivolgendosi all’impiegato, chiese se potesse fumare. Il funzionario lo guardò e annuendo chiese, in contropartita, una sigaretta. Il portacenere sulla scrivania dell’impiegato era stracolmo di cicche, segno tangibile che il funzionario fumasse come un turco.
Accese le sigarette, presero a dare dei lunghi tiri, tanto che finirono, rapidamente, le sigarette. I pensieri di Marco presero a navigare nell’ignoto mondo delle tenebre del passato, rianimando il fantasma dell’inimicizia generata dal confine di proprietà. Il dubbio si fece strada in lui, tanto che lo portò a chiedere alla madrina: «Comare Angelina, come lo interpretate questo ritardo?»
«Non ti devi preoccupare, fa parte del nostro modo di ragionare. I Chinnici lo stanno facendo di proposito per impreziosire ulteriormente la ragazza. Tra non molto li vedrai varcare quella soglia».
Non passarono neppure cinque minuti che i due fratelli varcarono la soglia dell’anagrafe con Gladuela a fianco.