Costume e SocietàLetteratura

La misura ablativa contenuta nel codice dei beni culturali e ambientali del 2004

La tutela penale dei beni culturali

Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile

Prima dell’entrata in vigore della legge nº 22 del 9 marzo 2022, oltre agli ordinari strumenti di tutela dei beni culturali, era prevista dall’articolo 174 coma 3 del C.B.C.P. una specifica ipotesi di confisca, operante in caso di illecita esportazione di beni culturali o di mancato rientro degli stessi.
Trattandosi di una misura specifica (e in rapporto di specialità con la confisca ordinaria) ovvero operante esclusivamente in presenza del reato previsto dallo stesso articolo, per meglio comprenderne le finalità appare utile prendere le mosse dalla ratio legis del reato previsto e punito dall’articolo 174 del C.B.C.P.; essa pacificamente si fa coincidere con la difesa dei beni culturali attraverso la predisposizione di ferree regole sulla loro circolazione, sia in ambito intracomunitario (Artt. 64-bis e ss.) sia verso paesi terzi (Art. 74 e ss).
Principio cardine del sistema della circolazione del patrimonio culturale nazionale è quello del divieto di uscita definitiva del bene dal suolo patrio.
Questo principio è rimasto immutato anche a seguito della emanazione della legge nº 124 del 2017.
Però detta nuova legge (innovativa in melius), accogliendo le istanze provenienti dal mercato delle opere d’arte, ha previsto l’autorizzazione preventiva (c.d. divieto relativo di espatrio), consistente in un’autocertificazione del proprietario con riferimento a una serie di opere di autori contemporanei aventi un valore inferiore alla soglia di 13.500 €, oppure, in caso di superamento di tale soglia, eseguite nei settanta anni precedenti all’autocertificazione (limite temporale questo, originariamente fissato in cinquanta anni e quindi esteso dalla legge nº 124).
Autorizzazione preventiva che, a ben guardare, pur favorendo maggiormente la circolazione dei beni culturali, non intacca il divieto di uscita definitiva.
Il divieto di espatrio dei beni culturali, infatti, rimane invariato per tutti i beni appartenenti allo Stato alle Regioni o ad altri enti pubblici, aventi interesse storico, artistico, archeologico, antropologico ed etnoantropologico, nonché per quelli specificatamente indicati dal nº 2 dell’articolo 10 del C.B.C.P e per quelli elencati nel nº 3 del medesimo articolo 10, appartenenti a persone fisiche o giuridiche private che, ex articolo 13 del medesimo codice, siano già stati dichiarati di interesse culturale o debbano essere ancora vagliati ai fini della concessione dell’attestato di libera circolazione o della licenza per l’esportazione.
Tali provvedimenti (attestato e licenza, consequenziali all’obbligo di denunzia, o meglio di notifica, al competente Ufficio Esportazione al quale il bene va materialmente presentato), che ai fini della tutela hanno la duplice finalità di rendere edotto lo Stato circa l’esistenza di opere di rilevante interesse artistico (concetto introdotto dalla 124/2017), di cui non è nota l’esistenza e di dargli la possibilità di acquistarne la proprietà coattivamente (prelazione) allo stesso prezzo dichiarato al momento della notifica, per come espressamente prevede l’articolo 70 del C.B.C.P..
Il rilevante valore artistico del bene (da cui dipende l’interesse dello Stato all’acquisto o anche alla sola apposizione del divieto di espatrio) viene determinato direttamente dagli Uffici esportazione, che in materia godono di ampi margini di autonomia decisionale, nonostante siano organi periferici del Ministero del Beni Culturali e dell’Ambiente.
Pertanto, concludendo sulla natura giuridica del reato di illecita esportazione e sulle regole che disciplinano l’uscita dal territorio nazionale dei beni culturali, la cui violazione comporta applicazione di sanzioni penali nonché la confisca dei beni, si può sinteticamente affermare che nel nostro ordinamento vige il divieto assoluto di espatrio, salvo autorizzazioni o licenze, anche temporanee, rilasciate dai competenti Uffici Esportazione e salvo si tratti di opere di valore inferiore a 13.500 € o eseguite nei settanta anni antecedenti l’autocertificazione sulla libera circolazione.

Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore

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