Processo Xenia, la Cassazione conferma la condanna ridotta per Mimmo Lucano

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati sia dall’accusa sia dalla difesa nel processo Xenia, confermando in via definitiva la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria nell’ottobre 2023. Il 12 febbraio scorso, la Suprema Corte ha stabilito che “il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria è in parte inammissibile per genericità e in parte va rigettato perché proposto con motivi infondati”. Parallelamente, ha ritenuto che anche “il ricorso proposto nell’interesse di Domenico Lucano va rigettato perché proposto con motivi infondati e, in parte, generici”.
Con questa decisione, diventa definitiva la condanna inflitta al sindaco di Riace Mimmo Lucano, che dovrà scontare 18 mesi di reclusione, con pena sospesa, per un falso relativo a una delle 57 delibere contestate nell’ambito dell’indagine sulla gestione dell’accoglienza dei migranti a Riace.
In primo grado, Lucano era stato ritenuto responsabile della promozione di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, oltre che di una serie di altri presunti illeciti legati alla gestione dei progetti di accoglienza. Per questi reati, era stato condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere. Tuttavia, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, nel riesaminare il caso, aveva ridotto drasticamente la pena a 18 mesi, ritenendo inutilizzabili le intercettazioni acquisite dalla Guardia di Finanza su richiesta della Procura di Locri.
Su questo punto, la Cassazione ha condiviso la valutazione della Corte d’Appello, ribadendo che “le intercettazioni dovranno essere dichiarate inutilizzabili; per effetto però non di una mutata ‘qualificazione giuridica del fatto’ ma dell’errore commesso dal giudice al momento del decreto autorizzativo”.
Nelle motivazioni della Suprema Corte si evidenzia inoltre che “nella richiesta del PM, così come nel decreto del GIP, limitatosi nella sostanza a indicare le fonti di prova sino a quel momento acquisite, non è svolta alcuna argomentazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti”.
Con questa sentenza, si chiude definitivamente il lungo iter giudiziario del processo Xenia, con una condanna che risulta notevolmente ridimensionata rispetto alla sentenza di primo grado.