Costume e Società

La vita come dono e relazione: l’omelia di Mons. Francesco Oliva per la Commemorazione dei Defunti

Una grande partecipazione di fedeli ha accompagnato ieri, domenica 2 novembre, la Commemorazione dei defunti celebrata al cimitero di Locri dal Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, Mons. Francesco Oliva. In un clima di raccoglimento e di fede, il presule ha invitato la comunità a riscoprire il valore della memoria, della vita e della fraternità, ponendo al centro del suo messaggio la speranza cristiana nella risurrezione e la responsabilità verso gli altri come segno concreto della fede.
«La commemorazione di quest’anno ricorre in un giorno di domenica, un giorno che richiama a noi la Pasqua del Signore – ha esordito Mons. Oliva – che simboleggia la vittoria della vita sulla morte». In questo legame tra la Pasqua e la commemorazione dei defunti, il Vescovo ha indicato la luce della risurrezione come chiave per comprendere il senso della morte e del tempo terreno: «Brilla il sole anche laddove sembra che tutto sia finito. A novembre, questo luogo diventa la nostra cattedrale, il luogo in cui tutti ci riuniamo».
Nel suo discorso, Mons. Oliva ha ricordato come «quello che noi siamo oggi è grazie alla fatica, alla sofferenza, all’impegno e al lavoro di coloro che ci hanno preceduto» e invitato i presenti a «non dimenticare», a custodire nella memoria il bene e anche gli errori, perché entrambi «fanno parte della nostra vita e della nostra storia».
Da questa consapevolezza nasce la riflessione sulla vita come dono: «La vita è un dono che va saputo apprezzare e valorizzare. Non possiamo essere felici da soli, la nostra vita è fatta di tante relazioni che vanno giorno per giorno costruite e rinnovate». Per il Vescovo, la vera felicità non è individuale, ma nasce da una relazionalità condivisa, che rende la vita «bella e piena di senso».
Richiamando le letture liturgiche del giorno, Mons. Oliva ha proposto le due immagini simboliche del banchetto e del giudizio.
Il banchetto, tratto dal profeta Isaia, è per il Vescovo «immagine della convivialità, di una comunione universale che abbraccia tutti i popoli». Ha ammonito però come oggi questa dimensione rischi di perdersi: «C’è un imperante individualismo che ci porta a pensare solo ai nostri affari e alle nostre preoccupazioni. Ma non è così: stiamo bene se stanno bene gli altri».
Da qui l’invito a riscoprire il valore della comunità, perché «non ci può essere convivialità senza condivisione, senza unione». Anche il cimitero, ha sottolineato, diventa «un luogo di convivialità spirituale, in cui la preghiera comune ci fa sentire fratelli e sorelle uniti attorno a Cristo, pane spezzato che ci unisce tutti».
La seconda immagine, quella del giudizio, è stata interpretata come momento di verità e misericordia, non di paura: «Il giudizio di Dio non è mai di condanna. È la conseguenza delle nostre scelte». Mons. Oliva ha spiegato che il vero giudizio nasce dall’amore, dalla capacità di riconoscere Cristo nel volto del fratello sofferente: «Quando avete dato da bere all’assetato, quando avete vestito l’ultimo, lo avete fatto a me, dice il Signore».
Il Vescovo ha infine ricordato che la consapevolezza del limite della vita non deve rattristare, ma spingere a viverla pienamente e nel bene: «Quanto tempo ho ancora per fare del bene? Poco o molto, non lo sappiamo. Ma mettiamoci sulla giusta strada e viviamo serenamente la nostra vita».
Concludendo l’omelia, Mons. Oliva ha affidato alla preghiera i defunti della comunità e ha invitato i fedeli a custodire il valore della memoria e della speranza: «Questo luogo ci ricorda che la vita è bella, va vissuta intensamente, ma non può essere vissuta da soli».
Un messaggio profondo, che ha risuonato tra le tombe illuminate dalla luce autunnale di novembre, come un invito a trasformare il ricordo in impegno di vita e a riconoscere nella comunione e nella solidarietà il segno più autentico della fede cristiana.

Francesca Sabatini

Giornalista d’assalto e senza peli sulla lingua, Francesca sarebbe disposta davvero a tutto pur di raccontare la verità. La sua esperienza nel settore dell’audiovisivo ne fa una professionista a tutto tondo, ma è nell’elaborazione dei testi che la Sabatini dà il meglio di sé. Mente brillante al servizio di un territorio che intende “rovesciare come un calzino”, non c’è stenografo che possa tenerle testa o opinionista da salotto che possa leggere le sfumature della realtà politica locale come lei ci ha abituato a fare. Il suo sogno? Essere la prima a raccontare l’incontro con una civiltà aliena.

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