Uscita o esportazione illecite di beni culturali
La tutela penale dei beni culturali

Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
Tale fattispecie delittuosa è disciplinata dall’art. 518-undicies del codice penale, che testualmente così recita:
Chiunque trasferisce all’estero beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa fino a euro 80.000.
La pena prevista al primo comma si applica altresì nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, per i quali siano state autorizzate l’uscita o l’esportazione temporanee, nonché nei confronti di chiunque rende dichiarazioni mendaci al fine di comprovare al competente ufficio di esportazione, ai sensi di legge, la non assoggettabilità di cose di interesse culturale ad autorizzazione all’uscita dal territorio nazionale.
La norma de qua è stata concepita dal legislatore allo scopo di impedire che i beni culturali che godono di specifiche forme di tutela vengano trafugati all’estero nell’ambito del mercato illegale.
E, proprio, in virtù di detta volontà il legislatore con l’emanazione di questa norma ha tassativamente sanzionato tre casi specifici:
- Il trasferimento all’estero di beni culturali (da intendersi indistintamente tutti quelli ricompresi in tale definizione) senza che sia stato rilasciato l’attestato di libera circolazione o sia stata rilasciata la licenza di esportazione per i quali la legge ai fini della loro tutela lo prevede espressamente;
- Il mancato reingresso nel territorio dello Stato di tutti i beni culturali alla scadenza del termine dell’autorizzazione temporanea concessa per la loro esportazione o la loro uscita dal territorio dello Stato;
- Il rilascio di dichiarazioni mendaci (non veritiere) al competente ufficio di esportazioni attestanti la non assoggettabilità all’autorizzazione per l’uscita dei beni culturali dal territorio nazionale.
Trattasi di reato comune di pericolo a forma vincolata in quanto, indipendentemente dal verificarsi di un danno al patrimonio artistico nazionale, lo stesso si materializza a mezzo il trasferimento all’estero di tutti i beni culturali per i quali la legge dello Stato non consente il rilascio di un attestato di libera circolazione o di una licenza di esportazione, il loro mancato reingresso nel territorio dello Stato alla scadenza del termine della temporanea autorizzazione all’esportazione o la loro esportazione viene effettuata a seguito di dichiarazioni mendaci rese al fine di comprovare al competente ufficio per l’esportazione la non assoggettabilità all’autorizzazione.
Il legislatore, secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, con l’emanazione di detta norma ha inteso operare una distinzione tra il trasferimento dei beni culturali verso i Paesi comunitari per i quali non è stato ottenuto l’attestato di libera circolazione dal trasferimento dei beni culturali verso Paesi extracomunitari per i quali non è stata ottenuta la licenza di esportazione.
L’oggetto del reato, oltre a tutti i beni culturali specificamente individuati dal codice dei beni culturali (art. 174 D.Lgs. nº 42/2004), è da intendersi anche ogni altro bene oggetto di specifiche norme di tutela elencato nell’art. 11 dello stesso decreto legislativo che ricomprende la categoria delle cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela dalla normativa sui beni culturali.
E, più specificamente, i beni culturali oggetto dello specifico reato sono da individuarsi nei beni culturali per i quali è assolutamente vietata l’esportazione e quelli per i quali il trasporto fuori dal territorio dello stato è sottoposto ad autorizzazione, mentre tutti gli altri beni culturali possono essere esportati liberamente.
Il reato viene in essere al momento in cui i beni culturali per i quali non è stato ottenuto il rilascio dell’attesto di libera circolazione o non è stata ottenuta la licenza di esportazione escono dal territorio nazionale.
L’elemento soggettivo è il dolo generico, per quanto riguarda i primi due casi, in quanto è sufficiente che il soggetto attivo del reato trasporta all’estero i beni culturali soggetti a tutela senza farsi rilasciare l’attestato di libera circolazione o la licenza di esportazione oppure omette di fare rientrare nel territorio dello Stato i beni culturali per i quali sia stata rilasciata l’autorizzazione temporanea al loro trasferimento all’estero.
È, invece, richiesto l’elemento soggettivo del dolo specifico in merito all’ultima previsione normativa rubricata nella seconda parte del secondo comma di detta norma laddove l’agente, in maniera pienamente consapevole, rende dichiarazioni mendaci per documentare all’ufficio esportazione che i beni culturali di cui si opera il trasferimento all’estero non necessitano di alcuna autorizzazione per l’uscita fuori del territorio nazionale.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore